I Savoia possedettero la villa in due momenti distinti: dal 1872, quando Vittorio Emanuele II l’acquistò dai Potenziani, al 1878, quando Umberto I la vendette a Giuseppe Telfener; dal 1904, quando Vittorio Emanuele III la riacquistò dalla Banca Romana, fino a dopo la guerra, quando parte della villa fu espropriata dallo Stato, esproprio al quale fecero seguito decreti e delibere che hanno portato la villa a come noi oggi la conosciamo, con le due aperture al pubblico, la prima nel 1958 e la seconda nel 1999.
Quando Vittorio Emanuele III, nel 1903, si ristabilì nella villa per formalizzarne poi l’acquisto nel 1904, la donò simbolicamente alla moglie Elena di Montenegro, ripristinando di fatto anche il nome di Villa Savoia, dopo che Giuseppe Telfener l’aveva ribattezzata Villa Ada in onore della moglie Ada Hungerford.
Successivamente, nel 1919 la villa divenne residenza ufficiale dei Savoia, che lasciarono quindi il Quirinale, ed è probabile che tale scelta fu dovuta alla regina Elena, cresciuta in un piccolo stato dedito alla pastorizia, abitudine e ideali che Elena portò anche nella famiglia reale italiana, tanto che, tra i lavori fatti nella villa, spicca l’arricchimento della vegetazione con essenze, palme e altri alberi non autoctoni e la costruzione delle ben note serre, di fronte alle scuderie reali, nelle quali, oltre alla dimora delle giovani piante, prima che queste fossero piantate nella villa, veniva anche coltivata frutta e verdura, come testimoniato da alcuni documenti trovati presso l’Archivio Centrale dello Stato (fondo della Real Casa, inventario 02/008, busta 492), relativi al periodo 1940-1945, nei quali è riportato il controvalore in lire della produzione.
I documenti del Fondo della Real Casa
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