mercoledì 11 giugno 2025

La Palazzina Reale

Quando Vittorio Emanuele II, nel 1872, acquistò dai Principi Potenziani le proprietà che questi, a loro volta, avevano acquistato nel 1835 dal Principe Luigi Pallavicini, oltre ad avviare un imponente serie di lavori e ad acquistare ulteriori terreni e vigne, portando la villa nella conformazione che oggi conosciamo, decise che nessuno degli edifici preesistenti, al tempo detti “casini nobili”, fosse adatto, negli spazi, nell’aspetto e per le attività di rappresentanza, alle esigenze di una famiglia Reale, motivo per cui decise di costruire un nuovo edificio, che potesse fungere da residenza principale, scegliendo per esso una posizione non lontana dall’ingresso della villa, all’interno di quella che, prima dell’acquisizione, era la Vigna Barigioni.

La palazzina reale in una vista prospettica presa da Google Earth

Va detto che Vittorio Emanuele II non ebbe poi così tanto tempo per godersi il nuovo palazzo (così era chiamato nei documenti d’epoca), dato che morì nel gennaio del 1879, quando i lavori erano appena conclusi. Umberto I, suo figlio, erede al trono e che probabilmente non amava particolarmente la villa, la vendette lo stesso anno al Giuseppe Telfener e bisognerà attendere fino al 1903, quando Vittorio Emanuele III e la sua famiglia si ristabiliranno nella villa, affinché i lavori sulla palazzina avranno nuovo impulso.

 

L’albero genealogico della famiglia Savoia

La Palazzina Reale è anche ampiamente decritta anche nel libro “Il lampadario di cristallo” (1992), di Enrico D’Assia, secondogenito di Mafalda di Savoia e di Filippo d’Assia-Kassel, che dedica all’edificio un lungo racconto, ricco di dettagli e di ricordi personali, inclusa una sommaria descrizione della sua struttura, tutti elementi utili a comprendere come fosse vissuta la palazzina e come questa si armonizzava con il contesto circostante.

 

Estratto dal libro “Il lampadario di cristallo”

Foto storica della palazzina reale, con il bell’intreccio di rose descritto nel libro

Come prassi per i Reali, almeno a quei tempi, la Regina Elena aveva, all’interno della palazzina, un suo appartamento privato, come ricordato ancora una volta da Enrico D’Assia nel suo libro (parte evidenziata nell’immagine precedente), dal quale ho preso anche una foto della Regina, nonna di Enrico D’Assia, all’interno del suo appartamento, che al tempo era chiamato “Il Paradiso”, nome attribuitogli da Giuseppe Visconti, suo progettista e arredatore, nonché padre del più famoso Luchino Visconti.

 

La regina Elena nel suo appartamento all’interno della palazzina reale

Al primo piano era presente la sala da ballo, come ancora una volta raccontatoci da Enrico D’Assia, un luogo di fastosi ricevimenti, come ad esempio il ballo in costume al quale parteciparono, tra gli altri, la Principessa di Piemonte e il Principe Roman Romanov, del quale qui sotto vedete una foto.

 

Il ballo in costume all’interno della palazzina reale

 

La sala da ballo, nel ricordo di Enrico D’Assia

Per quanto riguarda la costruzione dell’edificio, questa richiese circa due anni di lavoro, dal 1873 al 1875, lavori che, soprattutto quelli legati alle decorazioni e al completamento degli arredi, proseguirono poi fino al 1879, sotto la direzione complessiva di Emilio Richter, che era già il Direttore dei Parchi Reali e al quale Vittorio Emanuele II aveva anche affidato, oltre alla direzione dei lavori di Villa Savoia – al tempo la villa era chiamata così –anche quelli di Villa Mirafiori, residenza ufficiale di Rosa Teresa Vercellana, moglie morganatica del re – ovvero da lui sposata ma senza l’attribuzione del titolo di regina – detestata dalla corte sabauda e dai nobili, ma amata dal popolo. , con il quale peraltro sorse successivamente una drammatica controversia.

Con Emilio Richter, peraltro, sorgerà poi una drammatica controversia, legata a una differenza di vedute sul corretto pagamento dei lavori, che si tradurrà in una causa vera e propria, per la quale il Richter scriverà anche il volume “Compendio della vergognosa lite pendente intorno ai parchi reali Potenziani e Mirafiori, tra il patrimonio privato del re e il direttore di quei parchi Emilio Richter”, una sorta di memoria, emotivamente coinvolgente, sugli eventi che portarono alla controversia.

Estratto dal compendio scritto di Emilio Richter, con evidenziato l’elenco dei lavori commissionati

Ai lavori per la palazzina contribuirono principalmente l'ing. Guglielmo Castelnuovo, con la supervisione dell'architetto dell'Ufficio Tecnico della Real Casa, Gennaro Petagna, ma anche altri soggetti, come ad esempio G. Meyer, sul quale non ho trovato informazioni in rete, ma che compare in molti documenti del Fondo della Real Casa, custodito presso l’Archivio Centrale dello Stato

 

Fondo della Real Casa - Estratto dai documenti custoditi presso l’Archivio Centrale dello Stato

Nel suo complesso, la palazzina ha una pianta rettangolare, con il lato lungo di circa 57 metri e quello corto di 41, e al centro ha un cortile coperto da un soffitto in vetrocemento, quasi sicuramente realizzato successivamente da Vittorio Emanuele III, come racconterò più avanti, che oggi ospita gli eventi organizzati dall’ambasciata d’Egitto.

 

Il cortile interno in una foto presa dal libro “Villa Ada Savoia” di Emma Marconcini

L’edificio si sviluppa su due piani, con due torrette che occupano il corpo centrale. Nell'area a sud-ovest del palazzo c’è poi la cosiddetta torre neogotica, costruita anch’essa da Emilio Richter e che in realtà nasconde un serbatoio idrico, necessario al tempo per fornire l’acqua alla flora presente nella villa.

 

La torre gotica costruita nelle adiacenze della palazzina

Curioso anche il fatto che sulla terrazza, al tempo in cui la famiglia reale risiedeva nella palazzina, c’erano due grandi voliere in cui venivano allevati piccioni viaggiatori in grado di raggiungere, in qualsiasi situazione, il Quirinale e altre località, necessità poi venuta meno nel 900, quando i mezzi di comunicazione erano oramai progrediti.

Al piano terreno della palazzina era poi presente una cappella privata, a conferma che le celebrazioni delle funzioni religiose non avvenivano nella Chiesetta del Divino Amore, come si potrebbe essere portati a credere, vista la sua collocazione all’interno della villa, ma in questa piccola cappella, che come tutte le cappelle o chiese all’interno di proprietà private, prende il nome di Cappella Palatina.

 

Fondo della Real Casa - Pianta del piano terreno, con l’evidenza della cappella privata

Come vi anticipavo, benché la palazzina fu realizzata verso la fine dell’800 da Vittorio Emanuele II, i lavori ripresero dopo il successivo riacquisto da parte di Vittorio Emanuele III, perfezionato nel 1904 per una cifra che, come ci dice ancora una volta Enrico D’Assia, fu di circa 617.000 Lire, ma con efficacia retroattiva dato che i Savoia erano rientrati nella villa già dal maggio 1903.

Attualizzando l’importo dell’acquisto, si ottiene un importo odierno di circa 3,1 milioni di euro, che sembra decisamente basso per una villa così vasta, ma che potrebbe dipendere dal fatto che la Banca Romana, allora proprietaria della villa, era in difficoltà dopo il ben noto scandalo

Con l’acquisto del 1904, la villa riprende quindi il nome di Villa Savoia, dopo che per circa venticinque anni era stata nota come Villa Ada, nome attribuitogli da Giuseppe Telfener in onore della moglie Ada Hungerford e, nel 1919, i Savoia la eleggeranno poi a loro residenza ufficiale, residenza che fino a quel momento era al Quirinale. Probabilmente fu proprio questa decisione che poi diede avvio ai lavori di trasformazione e adeguamento, segnando una nuova tappa nella lunga storia della villa.

Tra i nuovi lavori, l’intervento principale fu sicuramente l’aumento della cubatura, risultante sia dall’estensione del corpo principale che, probabilmente, dalla realizzazione delle due torette costruite sul solaio e che realizzano una sorta di simmetria tra la parte frontale del palazzo e quella posteriore.

 

Fondo della Real Casa - Alcune planimetrie e disegni relativi all’ampliamento della palazzina

Per quanto riguarda quello che oggi è il cortile interno, già illustrato in una foto precedente, non è chiarissimo se questo fu realizzato ex-novo, contestualmente all’ampliamento, o se fosse invece preesistente e, durante i lavori voluti di Vittorio Emanuele III, si procedette solamente alla sua copertura in vetrocemento, opera per la quale è disponibile, sempre nel Fondo della Real Casa, uno schizzo datato 1925 di come questa doveva essere realizzata.

 

Fondo della Real Casa - Disegno della copertura in vetrocemento del cortile interno

Sempre nell’ambito dei lavori, nel 1936 fu poi reato, nella parte posteriore del palazzo, il ben noto giardino all’italiana, ispirato ai modelli geometrici rinascimentali r raggiungibile dalla palazzina reale con un’ampia scalinata, fu progettato e realizzato da Filippo d’Assia, marito di Mafalda di Savoia,.

 

Fondo della Real Casa - Progetto del giardino all’italiana

 

Veduta posteriore, con la scalinata e il varco di collegamento con la palazzina

Il giardino si è fortunatamente ben conservato nel tempo e, benché oggi sia parte della proprietà privata dove c’è l’ambasciata d’Egitto, si riesce ancora a osservarlo e ad apprezzarne tutti i suoi elementi, come le fontane, le scalinate e la struttura geometrica delle siepi. 

 

Il giardino all’italiana, nelle foto prese dal libro “Villa Ada Savoia” di Emma Marconcini

 

Il giardino all’italiana in una vista prospettica presa da Google Earth

Sempre nel corso di inizio 900 – purtroppo molti dei progetti che ho trovato non sono datati – nella parte sotterranea della villa fu realizzato, sfruttando le molte cavità naturali presenti al di sotto di Villa Ada, un primo rifugio antiaereo, il cui ingresso è tutt’ora visibile all’interno di un boschetto di bambù, poco dietro alle scuderie reali, mentre l’uscita si trova oggi all’interno della proprietà dell’ambasciata d’Egitto e quindi non è visibile. A tale rifugio, ritenuto non sufficientemente sicuro, sarà poi affiancato, nel 1942, il ben noto bunker, collocato più distante dall’edificio. 

Curioso al riguardo il ricordo di Enrico D’Assia di quando, non è ben chiaro se per una esercitazione e per un pericolo imminente effettivo, tutta la famiglia reale e il personale di servizio ripararono all’interno del rifugio.

 

Il ricordo di Enrico D’Assia a proposito del rifugio antiaereo

 


L’ingresso del rifugio antiaereo

Come ulteriore elemento storico legato alla storia della palazzina reale, va ricordato che il 25 luglio del 1943, Mussolini fu convocato da Vittorio Emanuele III a Villa Ada e, dopo essersi intrattenuto con il re, dal quale ricevette la comunicazione che il suo posto sarebbe stato preso dal maresciallo Pietro Badoglio, venne fatto uscire da un’uscita laterale, che si affaccia sul viale che oggi porta alle scuderie e al circolo ippico, dove venne fermato dal capitano dei carabinieri Paolo Vigneri, caricato un’ambulanza in modo da nasconderlo alla folla e portato a Campo Imperatore.

 

La copertina della “Domenica del Corriere” con la rappresentazione dell’arresto di Mussolini

Il 9 settembre del 1943, giorno seguente a quello dell’armistizio, Vittorio Emanuele III e alcuni membri della famiglia reale abbandonarono la capitale alla volta di Brindisi e poi, nel 1946, il re, nel tentativo di salvare la monarchia abdicando a favore del figlio Umberto, si autoesilierà in Egitto, dove sembra che, in segno di gratitudine, consegnò le chiavi di Villa Savoia al re d’Egitto Faruk, dicendogli che avrebbe potuto disporne a suo piacimento, cosa che Faruk fece, tant’è che già a partire dagli anni 50 la palazzina divenne sede dell’ambasciata egiziana e, nel 1997, la Repubblica d’Egitto acquistò l’edificio per 25 miliardi di Lire, senza che né lo Stato né il Comune esercitassero il previsto diritto di prelazione, come ho raccontato con qualche dettaglio in più nel post relativo alla storia di Villa Ada.

Concludo, soprattutto per chi fosse interessato ad altre foto storiche, segnalando il libro “Villa Savoia” di Uberto Gasche, figlio di Robert Gasche e Maria Ludovica Calvi di Bergolo, primogenita di Giorgio Carlo Calvi di Bergolo e Jolanda Margherita di Savoia, un libro non facile a trovarsi, che di fatto è una raccolta fotografica delle foto fatte da Uberto, foto prevalentemente di persone, ma tra le quali ve ne sono alcune che mostrano scorci della villa.

 

Alcune foto e immagini dal libro di Uberto Gasche

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