Questo post non sarebbe stato possibile senza l’imbeccata di Giulio Garufi, un amico del Blog, che qualche tempo fa mi ha chiesto se avessi informazioni su un arco che si trova “immerso” nel muro di cinta che separa la villa da Via Salaria, in una posizione poco distante da Via Anapo.
L’arco sul muro di Villa Ada su Via Salaria
L’arco, che confesso non avevo mai notato, è di fatto inglobato nel muro ed è visibile solo per la sua parte superiore – l’arco vero e proprio – venuta alla luce a causa del distacco dell’intonaco che la ricopriva, mentre la parte inferiore, ammesso che sia presente, sembrerebbe sprofondare nel terreno.
Confesso che la curiosità è stata subito tanta, sia perché trovare qualcosa su cui indagare è sempre qualcosa di sfidante, ma anche perché la presenza di un arco in quella posizione è qualcosa di curioso assai e fa sorgere parecchie domande, come ad esempio su quale potesse essere il suo ruolo, a quale epoca possa risalire e, infine, sul perché sia stato inglobato nel muro, come se lo si volesse preservare ma, allo stesso tempo, nascondere.
L’arco è piuttosto imponente e, nell’immagine qui sotto, potete vedere le sue dimensioni approssimate, insieme all’altezza del muro, elemento sul quale ritornerò in seguito.
L’ampiezza dell’arco e l’altezza del muro
La posizione dell’arco è quasi coincidente con quella di una vecchia porta, non più in uso, che si apre su quella che oggi è una proprietà privata, ospitata nell’antico edificio noto come “Tribuna I”, cosa che purtroppo rende impossibile una verifica interna, a meno di non chiedere il permesso agli attuali proprietari/residenti, cosa che non escludo forse in futuro proverò a fare.
La prima ipotesi, quella più immediata, è che l’arco fu realizzato contestualmente al muro, anche se questa mi pare una cosa poco ragionevole, dato che non ci sono tracce storiche della presenza, ad esempio, di una canale acqueo, per il quale l’arco poteva essere un punto di passaggio nel muro, come peraltro si trova in altre zone della villa, in particolare con riferimento al canale di adduzione del cosiddetto Lago Ottocentesco, voluto da Vittorio Emanuele II, ma poi rapidament prosciugatosi.
Altrettanto poco ragionevole mi sembra l’idea che l’arco fu realizzato per un vezzo architettonico perché, se così fosse stato, sarebbe stato costruito coerentemente con l’altezza del muro e non, al contrario, nella sua parte inferiore, sormontato e quasi nascosto da esso.
Come seconda ipotesi, ho pensato che l’arco fosse preesistente e rappresentasse un punto di ingresso a una delle tante vigne presenti nella zona, vigne che Luigi Pallavicini prima e Vittorio Emanuele II poi, acquisirono e unificarono, come raccontato nel post sulla storia della villa. L’ipotesi di un punto di accesso sarebbe anche corroborata dal fatto che l’arco si trova in corrispondenza del casale menzionato sopra, peccato però che la sua elevazione rispetto alla strada e al muro renda tale ipotesi decisamente irragionevole, a meno di supporre che l’ingresso avvenisse, per motivi che ignoro, lungo una pendenza, ad esempio un vialetto in discesa, cosa però non coerente con il fatto che l’arco è a ridosso della Via Salaria e non scostato da essa.
Scartate le prime due ipotesi, la terza che mi è venuta in mente è stata quella di una connessione dell’arco con le vicine Catacombe di Via Anapo, considerando che queste, sebbene non paragonabili ad altre catacombe nella zona, hanno comunque un’estensione significativa, come si può vedere nell’immagine qui sotto, presa da Wikipedia.
Lo sviluppo delle Catacombe di Via Anapo
L’ipotesi l’ho però rapidamente abbandonata, dato che il loro sviluppo non è tale da avvicinarsi a Villa Ada, come si può vedere nell’immagine che segue, presa da Sotterranei di Roma, che evidenzia come queste siano piuttosto concentrata sotto alcuni palazzi di Via Anapo e la stessa via.
Lo sviluppo delle catacombe rispetto a come appare oggi l’area dove sono collocate
A conferma della distanza tra le catacombe e l’arco – semmai ce ne fosse bisogno – nell’immagine qui sotto ho evidenziato la posizione dell’arco e quella dell’ingresso delle catacombe, oggi chiuso, utilizzando un’immagine presa da Google Earth, così da evidenziare come l’ipotesi di una loro connessione non sia di fatto sostenibile.
Distanza tra l’arco e l’ingresso delle catacombe
Abbandonata anche l’ipotesi delle catacombe, mi è venuto in mente che l’arco potesse essere in qualche modo collegato al fatto che la Via Salaria, in passato, era parte di un percorso della Via Crucis, che andava da Porta Salaria fino al Monte Delle Gioie, tanto che sulla strada consolare erano presenti diverse cappelle, la più celebre delle quali, se non altro perché è l’unica arrivata fino a noi, è la Chiesetta del Divino Amore, cosa che mi ha fatto ipotizzare che l’arco fosse parte di una cappella o a un luogo di culto, poi scomparso, ad esempio, per fare un’ipotesi suggestiva, a quello che Federico Mandillo, nel suo libro “Imparare Roma” del 2002 ed edito da Edizioni AVE, identifica come il luogo di culto dedicato ai Santi Martiri Daria e Crisanto, culto già descritto dall’archeologo maltese Antonio Bosio che, nella sua opera postuma "Roma sotterranea" del 1632, ci dice che “procedendo sulla via Salaria, sul lato sinistro uscendo da Roma e percorsi circa cinquecento passi dalle catacombe di Saturnino, furono rinvenuti i resti di una chiesa dedicata ai santi martiri Daria Virgo e Chrisantus, lapidati nell'anno 257 durante la persecuzione voluta dall'imperatore Valeriano (253- 260)”.
Per dovere di cronaca, va comunque detto che questo luogo di culto viene normalmente identificato con la Chiesetta del Divino Amore, costruita successivamente, anche se, tutto sommato, la distanza dell’arco dalla chiesetta è di circa 115 metri e, considerando l’approssimazione dell’epoca, si potrebbe anche ipotizzare che la distanza menzionata da Bosio coincida con l’arco e non con la chiesetta.
Al di là delle due ipotesi appena fatte, suggestive ma che forse anche a me appaiono forse un po’ troppo fantasiose, va comunque considerato il livello al quale si trova l’arco, ben al di sotto di quello che oggi è il livello stradale, cosa che, considerando il progressivo innalzamento di tale livello, farebbe pensare a un’epoca di costruzione decisamente lontana nel tempo.
Comunque, visto che la prima ipotesi è stata smentita dalle informazioni disponibili per le catacombe, mentre per la seconda, più suggestiva, non ho trovato elementi a supporto, mi sono concentrato sulla costruzione del muro di cinta della villa e sulla questione del livello dell’arco rispetto al suolo odierno, temi sui quali, fortunatamente, in parte rispondono alcuni documenti del Fondo della Real Casa, custodito presso l’Archivio Centrale dello Stato, all’interno del quale ho trovato la descrizione dei lavori che, in tal senso, furono commissionati da Vittorio Emanuele II.
La costruzione del muro fu sicuramente un’opera significativa, data l’estensione che aveva raggiunto la villa dopo le acquisizioni fatte dal re e, nell’immagine sottostante, trovate la richiesta di avvio dei lavori, datata 1875, che fu fatta all’amministrazione reale.
Descrizione dei lavori per la costruzione del muro su Via Salaria
Sempre nello stesso fondo è disponibile mentre lo schizzo dello sviluppo del muro, con evidenziate le distanze tra i diversi tratti e, facendo la somma delle distanze, di arriva a uno sviluppo lineare di poco meno di 900 metri.
Possibile “bocchetta” sul muro della villa
Mi sono poi messo a confrontare le misure, in particolare l’altezza fuori terra, che come si può vedere dall’immagine qui sotto, sempre parte del progetto di costruzione, era di 3 metri, a dimostrazione dell’innalzamento del suolo avvenuto nel tempo, per circa 60 o 70 centimetri, dato che, come si può vedere nell’immagine già mostrata con le dimensioni del muro, l’altezza fuori terra del muro è oggi di circa 2,3 / 2,4 metri.
Altezza fuori terra del muro su Via Salaria
Questo innalzamento, che non deve sorprendere, dato che appartiene alla storia di Roma e, nello specifico, è relativo a un periodo di circa 150 anni, considerando che il progetto è del 1875, cosa che, tra l’altro, suggerisce che al tempo la luce dell’arco era sicuramente più ampia, ma non così tanto da pensarlo del tutto fuori terra, elemento che confermerebbe l’ipotesi che l’arco risalga a un tempo ben più antico.
Sempre in relazione all’altezza che al tempo fu prevista per il muro, è interessante come questa fu determinata anche con riferimento alle due inondazioni che colpirono Roma nel 1846 e nel 1870, come chiaramente riportato nell’ulteriore disegno qui sotto e che suggerirono un’altezza tale da garantire una certa sicurezza in caso di analoghi fenomeni futuri, che nella parte bassa della villa, quella dove oggi si trova Via di Ponte Salario, avrebbero potuto comportare un allagamento della villa stessa.
Disegno riportante le considerazioni sulle alluvioni e sull’altezza suggerita per il muro
C’è infine un’ultima ipotesi, la meno suggestiva ma forse la più probabile, suggerita da un lettore del Blog, secondo la quale l’arco, che dalla sua costruzione e dai materiali usati appare coevo del muro, potrebbe essere un arco di scarico, cioè un arco il cui scopo è quello di distribuire il peso di una struttura sovrastante – in questo caso il muro stesso – su una superficie più ampia, cosa che ad esempio potrebbe esser stata suggerita dalla presenza, in quella zona del muro, di una discontinuità geologica e il fatto che tale arco non compaia nei progetti del muro dei quali ho parlato più sopra potrebbe semplicemente dipendere dall’aver individuato tale discontinuità in corso d’opera.
Questa ipotesi, peraltro, sembrerebbe confermare che
la porta di legno in foto sia stata realizzata in epoca successiva alla
costruzione del muro, dato che se fosse coeva a esso non si spiegherebbe perché
la porta non sia stata spostata di pochi centimetri ed evitare così di tagliare
una piccola parte dell’arco, come si può notare nella foto seguente, dove in
verde ho evidenziato il percorso naturale dell’arco e in rosso il taglio fatto
per accogliere la porta.
Si potrebbe naturalmente obiettare che, anche
successivamente, si sarebbe potuta spostare la porta piuttosto che tagliare una
parte di arco, ma probabilmente lo strato di intonaco che ricopriva il muro ha
fatto si che questo non fosse visibile se non dopo l’apertura del varco dove
collocare la porta e a quel punto, notato l’arco, si è preferito tagliarne una
piccola parte piuttosto che spostare tutto.
L’innesto della porta sulla struttura dell’arco
Insomma, anche se l’ultima ipotesi sembrerebbe assai probabile, per il momento il mistero dell’arco rimane tale e, se devo essere sincero, non sono ottimista sul poter trovare informazioni che consentano di svelarlo del tutto, anche se, come si suol dire, mai perdere la speranza e mai smettere di cercare.











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