In occasione dell’acquisizione della parte rimanente di Villa Ada - quella non inclusa nella prima acquisizione del 1958 - che ebbe un costo di circa 26 miliardi di lire per l’esproprio delle proprietà rimaste alle eredi Savoia, il Comune di Roma produsse, nel 1996, una interessante pubblicazione, dal titolo “Villa Ada - Piano per l'acquisizione pubblica” – Quaderni dell'Ambiente, 4, Comune di Roma, Ufficio Tutela Ambiente – la cui copertina vedete qui sotto, nella quale erano trattati molti temi inerenti alla villa, come quelli archeologici, naturalistici e storici.
La copertina della pubblicazione del Comune di Roma
Tra i vari ambiti, interessante è quello che, nello spirito originario del piano, doveva essere la destinazione d’uso delle diverse aree della villa e degli edifici presenti, dicendovi da subito che la lettura provocherà molto probabilmente un senso di profondo sconforto, visto che nulla è stato di fatto realizzato rispetto a quanto ci si proponeva di fare, soprattutto per quanto riguarda gli innumerevoli edifici presenti, per lungo tempo abbandonati a sé stessi, cosa che li ha peraltro lasciati alla mercè dei vandali, e solo recentemente in parte oggetto di interventi di recupero e restauro, grazie anche ai fondi del PNRR.
La pianta che vedete qui sotto, presa dalla pubblicazione in questione, sintetizzava le modalità d’uso e le modifiche previste per la villa, sia per le aree verdi, che per alcuni degli edifici, rappresentando inoltre anche un termine di paragone rispetto a oggi, sia per quanto riguarda alcuni edifici, che per la loro destinazione d’uso al tempo.
La pianta della villa e le destinazioni d’uso previste al tempo
Il primo elemento che ho evidenziato in rosso è relativo a due edifici, presenti anche oggi, ma che al tempo avevano un uso deverso, come la Scuola Media, in origine Montessori e che ho frequentato anch’io, oggi sede di Legambiente e la casa dell’ex-guardiano del campeggio di Monte Antenne, al tempo sede di un centro per persone diversamente abili e oggi, dopo il recente restauro, centro estivo per i ragazzi nei mesi estivi e punto di aggregazione giovanile nel resto dell’anno.
Passando poi a quella che doveva essere la suddivisione delle diverse aree della villa e della loro prevista destinazione d’uso, si aveva:
(A) Ambito a prevalente carattere archeologico naturalistico
(B) Ambito a carattere museale
(C) Zone a carattere ricreativo
(D) Zone a carattere sportivo
Se tale suddivisione si è in parte realizzata, è non tanto per la programmazione di particolari interventi, ma direi piuttosto per una combinazione di micro-interventi e di scelte fatte dai frequentatori, come l’area ricreativa conosciuta come “area giochi”, dove c’è la pista di pattinaggio, o l’area naturalistica, in parte sul Colle delle Cavalle Madri e in parte su quello del Roccolo, divenuta tale semplicemente perché lasciata a sé stessa, facendo così in modo che la natura ne prendesse di fatto il controllo.
Totalmente disattesa, poi, la destinazione d’uso di molti degli edifici, che nelle intenzioni di allora dovevano essere luogo di attività afferenti a diversi ambiti, come ho evidenziato con i diversi colori, che ho poi abbinato anche alla legenda originale della pianta, così da rendere più immediata l’associazione. Nello specifico, erano previsti:
(AM) Quattro poli museali, rispettivamente presso Villa Polissena, il Casini Pallavicini, La Palazzina Reale e le Scuderie Reali. Evidentemente, questa pianificazione fu precedente alla reale acquisizione delle diverse proprietà, visto che poi, con la sola eccezione delle Scuderie Reali, tutte le altre rimarranno di proprietà privata delle eredi e dei discendenti dei Savoia.
(AE) Un polo espositivo all’interno di Forte Antenne, con le sale per esposizioni che avrebbero potuto accogliere anche la documentazione relativa alle campagne di scavo e alla storia dell'area archeologica di Monte Antenne e del territorio circostante.
(AI) Tre poli informativi-didattici, da realizzarsi presso la Torretta del Roccolo, il Casale delle Cavalle Madri e l’edificio si servizio della vigna Savoia.
(AC) Cinque poli socio-culturali, da realizzarsi presso il Casale della Finanziera, la casa del guardiano che si trova in corrispondenza dell’ingresso carrabile su Via Salaria, il Casale Tribuna II e due presso gli edifici, oggi privati, che si trovano nell’area della Basilica di San Silvestro, che fa parte del complesso delle Catacombe di Priscilla.
(AR) Quattro punti di ristoro, nel Tempio di Flora, all’interno di Parco Rabin, vicino all’ingresso su Via di Ponte Salario e presso il fienile, all’interno del Circolo Ippico Cascianese.
Anche in questo caso, tra mancate acquisizione di alcune delle proprietà, rimaste oggi private, e progetti mai andati in porto, direi che praticamente non è stato fatto nulla
Va anche notato, come peraltro già anticipato, che la mappa includeva aree che oggi non sono parte del parco pubblico, cosa che si giustifica con il fatto che il piano è del 1996, mentre la definizione formale e finale dell’area pubblica fu successiva di qualche anno e poco prima dell’effettiva apertura al pubblico del 1999, e che vide, tra le altre cose, la rinuncia ad esercitare il diritto di prelazione da parte dello Stato italiano e del Comune di Roma sulla Palazzina Reale, che fu quindi acquistata, nel 1997, per 25 miliardi di lire dallo Stato egiziano, che la comprò dalla società Villa Ada 87 di Renato Bocchi, alla quale le eredi Savoia avevano nel tempo veduto quasi tutte le loro proprietà, come ho raccontato in questo post.
In conclusione e al di là del fatto che, come già detto, alcune delle cose elencate non si sarebbero potute fare comunque, visto che non tutta la villa passò effettivamente al Comune di Roma, vanno giusto segnalati un paio di tentativi di recupero delle Scuderie Reali, come il mai nato Museo del Giocattolo ipotizzato dalla Giunta Veltroni e la Casa della Moda voluta dalla Giusnta Alemanno.
Curiosa anche un progetto per la realizzazione di un Museo Disney all’interno del Casale delle Cavalle Madri, progetto che credo sia rimasto solamente sulla carta e mai presentato come proposta effettiva e concreta.
Che dire, se non che quasi trent’anni poco o nulla è stato fatto, da nessuna delle giunte che si sono succedute, per cui non resta quindi che sperare che qualcosa cambi nel futuro e che i progetti previsti dal PNNR giungano rapidamente a completamento.


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