sabato 14 giugno 2025

La storia di Monte Antenne e del suo forte

Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia in conseguenza dell’unificazione avvenuta nel 1861, nel 1872 aveva acquistato, come ho raccontato nel post sulla storia della villa, quella che al tempo era Villa Potenziani e, nella volontà di estenderne la superficie, nel 1876 acquistò la tenuta di Ponte Salario, che si sviluppava dal Tevere fino alla zona dell’Acquacetosa, nota per la celebre fontana nel quartiere Parioli e il cui nome deriva dalla presenza di una fonte di acqua ferruginosa, nota ai Romani già dal XVI secolo.

La tenuta di Ponte Salario comprendeva anche Monte Antenne, il cui nome deriva dalla tipica abitudine romana di storpiarli e che, nello specifico, ha trasformato il nome della città sabina di Antemnae, che a sua volta probabilmente deriva dalla locuzione latina “ante amnes”, cioè “davanti ai fiumi”, dato che alla base della collina c’è appunto la confluenza del fiume Aniene, in passato chiamato anche Teverone, nel Tevere, nel nome di un colle sul quale però non si trova alcuna antenna.

Sulla sommità di Monte Antenne, tra il 1882 e il 1891, venne costruito il forte, che rappresentava l’ultimo, in ordine di tempo, di un sistema di fortificazione costituito da quindici forti, un sistema realizzato tra il 1877 e il 1891, che vedeva i forti collocati in corrispondenza delle strade consolari di accesso a Roma e progettato all'indomani dell'unità d'Italia, con l’intento di difendere Roma da un eventuale attacco francese a sostegno dello Stato Pontificio. 

 
Pianta del 1883 del sistema dei forti, con evidenziato Forte Antenne

Tutti le fortificazioni – l’intero sistema comportò una spesa complessiva di circa 32 milioni che, attualizzandoli, equivarrebbero oggi a circa 140 milioni di euro – erano di forma trapezoidale e di tipo prussiano, con terrapieno addossato al muro esterno, detto muro alla Carnot, con fossato asciutto e un fronte principale che poteva variare tra i 180 e i 250 metri. Tutti i forti erano con cannoni di medio calibro.

A tale proposito, l’interessante pubblicazione del 2006 “Il sistema dei forti militari a Roma”, a cura del Ministero per i beni e le attività culturali, contiene alcune piante e alcuni disegni che consentono di avere maggiori dettagli sulla struttura del forte.

 Il sistema dei forti – Planimetria di Forte Antenne

 Il sistema dei forti – Planimetria di Forte Antenne

Forte Antenne era, come superficie complessiva, il più piccolo dell’intero sistema, occupando un’area di circa 2,5 ettari – per contro, il forte più grande, quello di Pietralata, ne occupava più di 25 – ma guardando solamente al forte, era decisamente imponente, con i due fronti che misurano, rispettivamente, 145 e 245 metri.

Altro elemento peculiare di Forte Antenne è che, rispetto agli altri e benché avesse dimensioni comparabili, aveva una guarnigione più numerosa e, soprattutto, una dotazione di artiglieria e munizioni pari a circa tre volte quella normalmente prevista per gli altri forti del sistema di difesa, a conferma di quanto si ritenesse strategico l’asse coincidente con la Via Salaria.

Il forte, insieme al Forte Trionfale, aveva il compito di controllare la valle del Tevere e l’accesso da Nord. Tra Forte Antenne e il Forte di Pietralata era poi ubicata la Batteria Nomentana, costruita a ridosso di via Nomentana e a protezione delle linea ferroviaria per Orte.

Per quanto riguarda uomini e dotazioni, da un rapporto militare del 1889, si evince che il presidio di Forte Antenne raggiungeva i 675 uomini, che potevano arrivare a 800 in caso di necessità, e che l'edificio era dotato di tre polveriere e 18 "bocche a fuoco".

Fortunatamente, il forte non ebbe mai occasione di giocare il suo ruolo difensivo, tanto che nel 1919 tutti forti del sistema difensivo furono dismessi, sia per il superamento della loro funzione di difesa dovuto alle nuove tecnologie della guerra moderna, che per l'avanzare progressivo della città, che di fatto inglobò le aree dove i forti sorgevano, rendendoli non più idonei a fronteggiare minacce esterne.

La dismissione, tuttavia, non significò l’abbandono dei forti, tant’è che Forte Antenne fu utilizzato fino agli anni Quaranta come deposito del Reggimento Telegrafisti, per essere poi donato, nel 1958, al Comune di Roma, che in vista delle Olimpiadi di Roma del 1960 realizzò nell’area circostante il ben noto – ai meno giovani – campeggio, che avrebbe dovuto ospitare i turisti che sarebbero arrivati in tale occasione.

Il campeggio, tuttavia, ebbe vita breve – giusto qualche decennio – e alla sua progressiva dismissione corrispose, per il Forte, un graduale quanto lungo percorso di abbandono e degrado, con i locali interni occupati per lungo tempo da famiglie, sia italiane che straniere e gli spazi esterni sede di magazzini e attività, alcune abusive, come sembra essere stata per anni quella di una officina o carrozzeria, che ha lasciato in eredità una sorta di capannone ricco di amianto e, all’interno del forte, una quantità significativa di vecchi pneumatici per auto, o il magazzino della ditta Intertrade, della quale ho trovato ancora testimonianze nel forte, nella forma di proposte commerciali ad alcuni clienti.

 
Una proposta commerciale della Intertrade trovata all’interno del forte

Questo periodo di abbandono e degrado è anche ricordato in un’interessante testimonianza di Laura Quaranta, che ha raccontato la sua infanzia passata nel forte, dal 1960 al 1967, in due diverse iterviste, che potete trovare, rispettivamente, a questo e a quest’altro link.

In queste interviste, Paolo Grande, cugino di Laura, ricorda che “…all’interno (del Forte, ndr) ci sono tunnel segreti che solo in quattro ormai conosciamo. Uno di questi raggiunge Villa Ada mentre un altro l’Olimpica. Oggi però sarebbe pericoloso percorrerli per via dei crolli.”, anche se successive indagini e approfondimenti, fatti anche personalmente su tutti i possibili versanti, sembrano smentirne la presenza.

Questo essere lasciato a sé stesso – l’occupazione da parte delle famiglie non ha ovviamente reso possibile il restauro o il mantenimento – ha fatto sì che, se da un lato il forte presenti ancora tutti le sue caratteristiche originarie – i volumi ipogei, i profili dei rampari, la piazza d’armi, il fossato, le caponiere, i muri alla Carnot, i cofani di controscarpa e la polveriera – dall’altro questo è stato purtroppo interessato da alcuni importanti fenomeni di spanciamento delle mura, con relativi crolli e con aree divenute inagibili per la loro pericolosità.

All’interno dei locali del forte, poi, sono ancora presenti alcune suppellettili e alcuni oggetti del periodo in cui il forte fu occupato da famiglie e aziende, come testimoniato da questo video che ho girato qualche tempo fa

Un collage di alcune foto del forte, così come si presenta oggi

Sul possibile recupero del forte se ne parla da anni e, ad esempio, in un articolo del 2021 c’è un’analisi approfondita dell’Osservatorio Sherwood sui possibili percorsi di recupero e sullo stato complessivo della zona, mentre tra le proposte più curiose, ce n’è stata anche una per la trasformazione del forte in un resort di lusso, proposta della quale non so dire se fosse stato un progetto concreto o una boutade.

Nel 2021, con un bando del Comune di Roma, il forte è stato dato in concessione all’Associazione “Il Condominio APS”, concessione peraltro a lungo dibattuta a causa delle sue finalità, come si può ad esempio leggere in questo articolo, ma che se non altro ha portato a una lunga opera di bonifica di molti dei rifiuti che si erano accumulati nel tempo.

Che altro dire, se non concludere con i miei ricordi di adolescente, quando a Monte Antenne ci si andava con i motorini a fare motocross, quando ci si infilava nel forte, passando in uno dei tanti varchi presenti sul fossato retrostante – ricordo che alcuni compagni di avventura trovarono ancora i libri contabili con le paghe dei militari – e quando, nel 1995, senza poi dimenticare che a Monte Antenne, nel 1995, fu teatro della finale della “Grundig Mountain Bike World Cup Cross Country”, il cui reportage è ancora disponibile su YouTube

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