L’edificio che, un tempo, probabilmente ospitava il gassometro
Non lontano dall’ingresso su Via Panama, ma ben nascosto dalla fitta vegetazione, c’è quello che viene normalmente citato come “edificio rustico”, un edificio interessante, che salì agli onori della cronaca quando tempo fa fu rinvenuta al suo interno una vasca da bagno della Croce Rossa inglese, sulla quale ho anche realizzato un video.
La vasca da bagno della Croce Rossa inglese
Al di là del ritrovamento, l’edificio è interessante per la sua storia e per cosa probabilmente fu utilizzato, l’aspetto che a me ha interessato di più, fin dall’inizio, tema sul quale la situazione, alla luce della documentazione disponibile, non è così chiaro come vorrei fosse.
Quello che risulta dalla documentazione, in particolare la Pianta della Real Casa custodita nel Fondo della Real Casa, custodito presso l’Archivio Centrale dello Stato, conferma che nelle adiacenze dell’edificio – o forse nell’edificio stesso – fosse stato realizzato un gassometro, cioè una serie di locali tecnici per custodire quella che al tempo era la “forza motrice” per la villa, considerando che ai tempi di Vittorio Emanuele II l’elettricità ancora non era arrivata in Italia.
Pianta della Real Casa
Il dubbio se il gassometro fosse adiacente o all’interno dell’edificio deriva dal confronto tra la pianta della Real Casa e il Catasto Gregoriano del 1816, dal quale risulta che l’edificio che si trova nella stessa posizione è decisamente più ampio – va comunque detto che la pianta della Real non spicca per precisione – elemento che giustifica qualche dubbio.
Giusto per completezza, il brogliardo associato al catasto riporta che l’edificio, classificato come “Casa con corte a uso della vigna”, era al tempo di proprietà di Luigi Pallavicini, cosa che non sorprende , visto che i Savoia acquisteranno la villa solo nel 1872.
Catasto Gregoriano – Pianta e brogliardo
Per cercare di capirne di più, ho esaminato anche il successivo Catasto Rustico e, nell’edizione del 1878, l’edificio risulta ancora presente, ma evidenziato in modo tale da suggerire che fu modificato. Inoltre, adiacenti a esso compaiono alcuni piccoli disegni, che sembrano indicare la costruzione di nuovi piccoli manufatti che potrebbero in effetti essere quelli indicati come gassometro, forse realizzati come interventi di parziale riconversione di quello principale.
Catasto Rustico – 1878 – L’edificio rustico è i manufatti ad esso vicini
Sempre nel Catasto Rustico, ma nell’aggiornamento del 1903, l’edificio è invece del tutto sparito, mentre risultano presenti i nuovi manufatti già presenti nell’edizione del 1878.
Catasto Rustico – 1903 – I manufatti vicini all’edificio oramai sparito
Questa sorta di evoluzione, tuttavia, è in parte contraddetta con quanto rimane ai giorni nostri, visto che, se è vero che l’edificio nella sua interezza non c’è più, è però evidente che ne sia rimasta una parte come se la demolizione riportata nel catasto non fosse in realtà stata completa, ma parziale e limitata al corpo principale, lasciando inalterata quella sorta di appendice sul lato lungo, ben visibile nel Catasto Gregoriano.
A rendere il tutto ancora meno chiaro, sempre nel Fondo della Real Casa conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato, ho trovato dei documenti relativi ad alcune opere di demolizione fatte eseguire da Vittorio Emanuele II nel 1876, nei quali si parla di un “casetto presso il gasometro n. 369” e un’illustrazione nella quale compare la dicitura “casa attigua al gasometro”.
Fondo della Real Casa – Documenti sulle demolizioni
Questi documenti sembrerebbero suggerire che: (1) il gasometro fu messo in funzione da Vittorio Emanuele II; (2) l’edificio in questione e il gasometro erano due costruzioni distinte; (3) la demolizione voluta da Vittorio Emanuele II non fu totale, se assumiamo che i resti oggi ancora visibili siano appunto quelli di tale edificio e non del gasometro, che quindi risulterebbe del tutto scomparso, probabilmente perché, quando nel 1904 la villa fu riacquistata da Vittorio Emanuele III, la funzione del gasometro non fosse più ritenuta utile, visto che tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 ci fu la graduale transizione dal gas all’energia elettrica come fonte energetica per l’illuminazione, per cui è possibile, nell’ipotesi che il gasometro stoccasse il gas per illuminare la villa, che la sua funzione fosse di fatto venuta meno.
L’ipotesi della distinzione tra gasometro e l’edificio del quale oggi rimangono pochi resti, sembrerebbe essere ulteriormente avvalorata da un ulteriore documento, coevo dei precedenti e relativo a una distinta dei lavori da farsi sul gasometro, il cui dettaglio consente di evidenziare come il gasometro fosse suddiviso in tre ambienti distinti – “camera della fornarella”, “camerino per il petrolio” e “camerino del carbone” – numero che torna anche osservando quanto riportato nel Catasto Rustico.
Tutti questi documenti sembrano quindi confermare la distinzione tra le due cose, dato che, se così non fosse, saremmo in presenza, contemporaneamente e per lo stesso edificio, di una richiesta di demolizione e una per lavori di sistemazione.
Insomma, come spesso accade per Villa Ada, la situazione non è chiara, con ipotesi ragionevoli, ma difficili da dimostrare o da smentire in modo definitivo, data la scarsità della documentazione pubblicamente disponibile.
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