Salita a luglio del 2023 agli onori della cronaca, sia per l’avvio del suo restauro, che al momento della scrittura del post è concluso per la chiesetta, mentre rimane da sistemare la zona circostante, che per divenire, la chiesetta, sede di cerimonie laiche, come matrimoni e funerali, mentre i locali attigui potranno essere utilizzati, previo richiesta, come spazio per incontri e riunioni.
Durante il restauro, tra l’altro, furono ritrovate alcune ossa, ovviamente subito collegate dalla stampa a fantomatici riti satanici.
Al di là delle attività in corso e degli usi che se ne faranno in futuro, la chiesetta, che è conosciuta anche come Cappella Mengarini, dal nome degli ultimi proprietari, ha ovviamente un interesse storico e religioso che affonda le sue radici nel corso del tempo.
L'edificio, che affaccia sulla Via Salaria e si trova a destra dell’ingresso carrabile della villa, ha un’impronta architettonica neoclassica, che si può far risalire ai primi decenni del XIX secolo e che è stilisticamente riconducibile all'opera di Fabio Puri De Marchis, figlio di Carlo Puri De Marchis, architetto che fu al servizio di Luigi Pallavicini durante gli importanti lavori che il principe avvio dopo aver acquistato, tra il 1785 e il 1789, alcune vigne, dando di fatto vita all’embrione di quella che poi, nel tempo, sarebbe diventata Villa Ada, come peraltro ho raccontato nel post sulla storia della villa.
L'esistenza della chiesetta è però testimoniata già alla metà del XVIII secolo, come riportato in una pianta relativa alla proprietà Capocaccia, essendo una delle tante che sorgevano lungo la Via Salaria e che facevano parte di un insieme di cappelle dedicate alla pratica della Via Crucis, con un percorso che andava da Porta Salaria fino al Monte Delle Gioie, percorso che ho evidenziato nella Pianta della Campagna Romana di Eufrosino della Volpaia, redatta nel 1547 e che vedete qui sotto.
Proprio in relazione a tale ruolo, sulla facciata sono ancora perfettamente visibili due lapidi, una in italiano e l’altra in latino, relative alla concessione di indulgenze da parte di Pio VII a tutti coloro intraprendessero il percorso religioso e visitavano le cosiddette stazioni che ne facevano parte.
Tuttavia, almeno secondo Federico Mandillo, come riportato nel suo libro del 2002 “Imparare Roma”, la chiesetta – o meglio, la sua posizione – va identificata con il luogo di culto dedicato ai Santi Martiri Daria e Crisanto, descritto dall’archeologo maltese Antonio Bosio nella sua opera postuma "Roma sotterranea" (1632), che per la prima volta descriveva in modo sistematico i cimiteri sotterranei cristiani del suburbio romano. Bosio ci dice che “procedendo sulla via Salaria, sul lato sinistro uscendo da Roma e percorsi circa cinquecento passi dalle catacombe di Saturnino, furono rinvenuti i resti di una chiesa dedicata ai santi martiri Daria Virgo e Chrisantus, lapidati nell'anno 257 durante la persecuzione voluta dall'imperatore Valeriano (253- 260)”.
La chiesetta si inserisce quindi nel contesto dell'antica Via Salaria – La Salaria Nova e non la Salaria Vetus, il cui tracciato è solo in parte ipotizzabile e che probabilmente passava all’interno della villa, nella zona del Colle del Roccolo – un contesto ricco di storia, visto che nel suo tratto a partire da Porta Salaria si incontrano, nell’ordine, il mausoleo di Lucilio Peto, le Catacombe di Trasone, in passato chiamate anche Cimitero di Saturnino, quelle dei Giordani, quella di Sant’Ilaria, quella Ostriana e quella di Via Anapo, fino ad arrivare alle ben note Catacombe di Priscilla, tra le più importanti e, infine, alla Basilica di San Silvestro, collocata all’interno di Villa Ada, nella parte oggi privata, e primo e antico accesso alle catacombe di Priscilla.
Interessante anche la presenza della chiesetta nel Catasto Gregoriano del 1816, dove è riportata come oratorio privato di proprietà di Luigi Pallavicini, come evidenziato nella pianta catastale e nel relativo brogliardo.
La chiesetta compare naturalmente anche nel catasto moderno, nel quale risulta correttamente di proprietà di Roma Capitale.
L'interno della chiesetta, ben osservabile dopo l’attento restauro, è costituito da una navata unica, di impronta seicentesca, con un pavimento marmoreo e una finta volta a botte, in parte crollata e che nasconde l'originale soffitto a capriate.
Nell’abside della chiesetta, fino al 2002, era collocato un crocefisso in cartapesta, poi sparito e del quale non si è saputo più nulla.
Concludo dicendovi che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la chiesetta non era la cappella privata dei Savoia, che invece ne usavano una fatta costruire all’interno della Palazzina Reale. Questa cappella, essendo privata, viene spesso menzionata come Cappella Palatina, nome riservato a tutte le chiese o cappelle che si trovano all’interno di proprietà private.
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