L’Acquedotto Vergine, conosciuto al tempo come Aqua Virgo e costruito da Marco Vipsanio Agrippa, collaboratore, generale e genero dell’Imperatore Augusto, venne inaugurato il 9 giugno del 19 a.C. e la sua principale funzione era quella di rifornire le Terme di Agrippa in Campo Marzio e, a oggi, è l’unico acquedotto ancora in funzione tra quelli di epoca romana, anche se oramai le sue acque non sono più potabili a causa dei lavori di urbanizzazione che, nel tempo, lo hanno inevitabilmente inquinato.
L’origine del suo nome, come spesso accade per le cose antiche, è un po’ controversa, potendosi associare alla purezza e leggerezza delle sue acque o, come narra un’altra leggenda, a una fanciulla – quindi una vergine, nel lessico romano – che avrebbe indicato ai soldati di Agrippa il luogo dove si trovavano le sorgenti, fino ad allora sconosciute.
Per quanto riguarda il percorso completo dell’acquedotto, la pregevole Carta Topografica del Suburbano di Roma del 1839 lo riporta nella sua interezza e, nel suo estratto che vedete nell’immagine qui sotto, l’ho evidenziato in colore azzurro e, nel tratto che passa internamente a Villa Ada, in colore blu. Va comunque detto che, rispetto al percorso oggi noto e grazie ai rilievi successivi e agli interventi dell’ACEA, quello riportato nella pianta del 1839 presenta alcune imprecisioni.
Carta Topografica del Suburbano di Roma del 1839
Uno studio molto approfondito dell’acquedotto fu fatto nel 1968 da Lorenzo Quilici nella sua pubblicazione “Sull’Acquedotto Vergine, dal Monte del Pincio alle sorgenti”, contenuta nel volume “Studi di topografia romana” – De Luca Editore – 1968, pubblicazione quasi introvabile ma disponibile presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
In tale e pregevole lavoro, è riportato il percorso dell’acquedotto tra i due estremi studiati nella pubblicazione e l’andamento delle sue quote rispetto al suolo, immagini che trovate qui sotto e nelle quali ho evidenziato in rosso il tratto che interessa Villa Ada.
Lorenzo Quilici – 1968 – Tracciato dell’acquedotto
Lorenzo Quilici – 1968 – Estratto delle quote dell’acquedotto
Sempre dalla stessa pubblicazione ho poi estratto alcune foto relative al tratto che passa all’interno della villa, creando una sorta di collage, che vedete nell’immagine che segue.
Lorenzo Quilici – 1968 – Foto del tratto interno a Villa Ada
L’acquedotto captava l’acqua nei pressi del corso dell'Aniene, nella località di Salone, attraverso un sistema piuttosto vasto di vene acquifere, convogliando poi l’acqua, grazie ad una serie di cunicoli sotterranei, nel condotto principale, distribuendola nella città con un percorso di circa 20,4 km, lungo un arco molto ampio, giustificato sia dal fatto che l'acquedotto doveva servire la zona del suburbio nord della città, fino ad allora priva di approvvigionamento idrico, sia dal fatto che trovandosi la sorgente ad un livello piuttosto basso – solo 24 metri sul livello del mare – era necessario evitare quei forti dislivelli che il percorso per la via più breve avrebbe incontrato.
Lorenzo Quilici – 1968 – Sistema di captazione in località Salone
Importante anche il numero di fontane che sono alimentate dall’acquedotto, tra le quali la Barcaccia a Piazza di Spagna, il Bottino – o Facchino – di Via Lata, il Babuino di Via del Babuino, la Scrofa, oggi secca, la Punta del Pantheon, la Fontana dei Fiumi di piazza Navona e la Fontana di Trevi, quest’ultima peraltro mostra terminale dell’acquedotto e sulla cui facciata è anche presente un bassorilievo che mostra la già citata vergine romana nel momento in cui indica ai soldati le fenditure nel terreno dove trovare l’acqua.
Bassorilievo sulla Fontana di Trevi
Naturalmente, nel tempo, l’acquedotto ha subito parecchi interventi, come quello del 1901, con la costruzione di un primo impianto di sollevamento in Via Luisa di Savoia, destinato alla città bassa mentre; quello del 1915, con un secondo impianto di sollevamento per la città alta al Portonaccio; quello del 1936, quando fu costruito dal Governatorato di Roma il Nuovo Acquedotto Vergine, con la sua mostra terminale nella fontana alla base del Pincio.
Ancora oggi l’acquedotto è in parte percorribile, a partire dalla splendida scala a chiocciola, parte integrante del pozzo di sollevamento che si trova al Pincio, nei pressi di Villa Medici e portato all’attenzione anche nel film “Come un gatto in tangenziale - Ritorno a Coccia de Morto”.
Un altro bel video che testimonia parte di questa percorrenza è quello di Sotterranei di Roma, che peraltro termina proprio con l’uscita all’interno di Villa Ada, nel punto dove ci sono i due tombini di controllo, dei quali parlo più avanti.
Il percorso dell’acquedotto nel suo tratto interno alla villa, parte da Via Salaria, quasi in corrispondenza dell’ingresso che si trova quasi di fronte alle catacombe di Priscilla, e termina in Via di San Filippo Martire, con uno sbocco nel punto dove è ancora presente un cippo posto dall’Imperatore Claudio nel 46 d.C. che ricorda il restauro dell’acquedotto da parte dell’Imperatore, la cui scritta, per ciò che oggi ancora si riesce a distinguere e come riportato nel lavoro di Quilici, recita “VIRG TI CLAUDIUS DRUISI F. CAESAR AUG GERMANICUS PONTIFEX MAXIMUS TRIBUNIC POTESTAT III COS III IMP VIII P P XLV P CCXL”. Per chi fosse interessato, è disponibile anche un mio video dove racconto dell’acquedotto e di questo cippo.
Cippo dell’Imperatore Claudio – Foto del 1968 e odierna
All’interno della villa, il percorso è segnalato da una serie di cippi, quasi tutti posti dall’ACEA – Azienda Comunale Elettricità e Acque – intorno agli anni 60, con la sola eccezione di una piccola piramide più antica e che rappresenta il quarto cippo a partire da Via Salaria. Lo scopo principale dei cippi, oltre a segnalare il percorso dell’acquedotto, è soprattutto quello di creare una zona di rispetto intorno ad esso, così da evitare lavori che potrebbero danneggiarlo o inquinarlo.
Interessante poi la presenza di un ulteriore cippo, che però si trova fuori dalla villa e all’interno della Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia, in Piazza di Priscilla, che fu posto dall’Imperatore Tiberio intorno al 36 d.C., quindi precedente a quello dell’Imperatore Claudio, che vedete nell’immagine qui sotto – la foto odierna l’ho potuta scattare grazie alla disponibilità della scuola – e che comunque non sembra essere legato a opere di restauro, visto che l’iscrizione è piuttosto generica e recita “VIRG TI CAESAR AVG PONTIF MAX TRIB POT XXXIIXX COS V IMP VIII LXII P CCXL”.
Cippo dell’Imperatore Tiberio – Foto del 1968 e odierna
Tra l’altro, come si può vedere nel confronto tra la foto del 1968 e quella odierna, il cippo non sembra essere stato intaccato dai vari lavori che si sono succeduti nel tempo, al netto della grondaia che lo sovrasta sul suo lato sinistro.
Dà ricordare anche la presenza, all’interno della villa e non lontano da Villa Polissena, di quello che si ritiene possa essere un antico pozzo di ispezione e accesso all’acquedotto – documentato in questo mio video – anche se questo pozzo, per la sua attuale collocazione, appare disassato rispetto al percorso dell’acquedotto, cosa che renderebbe probabile l’ipotesi di un suo spostamento in tempi passati, spostamento del quale però non se ne trova traccia nella poca documentazione disponibile.
Pozzo murato
L’unico riscontro storico che sono riuscito a trovare è la sua menzione nella mappa del Catasto Gregoriano del 1816, dove il pozzo risulta già presente nella sua posizione attuale, cosa che peraltro mi ha suggerito l’ipotesi che questo fosse in realtà un pozzo al servizio del vicino edificio, come ho raccontato in questo video e che forse pescava l’acqua da qualche falda sotterranea.
Catasto Gregoriano – Posizione del pozzo e di alcuni altri edifici
Per quanto riguarda il percorso dell’acquedotto nella villa, qui sotto vedete un’immagine, estratta dalla mia mappa della villa, nella quale sono evidenziati, in colore azzurro, i 21 cippi che segnalano il percorso dell’acquedotto e in colore rosso i cippi degli Imperatori Claudio e Tiberio.
Ho anche evidenziato un ulteriore cippo, in colore arancione, che però non sono certo al 100% che sia relativo all’acquedotto, dato che la sua dimensione è maggiore di quella di tutti gli altri, anche se va detto che la sua posizione è più o meno in linea rispetto agli altri, cosa che potrebbe confermarne la natura, giustificando la differenza di dimensioni con il fatto che il cippo in questione sia stato posto in un periodo differente dagli altri.
Percorso dell’acquedotto all’interno della villa
Nella stessa immagine, ho poi evidenziato in colore blu i due tombini di controllo, che si trovano nella zona di minima profondità dell’acquedotto, in uno dei quali c’è una presa d’acqua che alimenta, secondo il percorso evidenziato dalla linea verde, i piccoli stagni – indentificati dalle icone blu, con le onde – che si trovano lungo il viale che separa il Colle del Roccolo da quello delle Cavalle Madri, percorso peraltro recentemente interessato da lavori di sistemazione, con la rimozione della vegetazione infestante e la realizzazione di sponde in legno, così da riportare il tutto a come si presentava negli anni 70, periodo nel quale la zona fu bonificata e gli stagni furono realizzati. Nel più piccolo di questi stagni, quello più vicino alla presa d’acqua è anche presente un ulteriore cippo, il cui riferimento sulla mappa è però quasi del tutto nascosto dal simbolo dello stagno stesso.
Infine, ho evidenziato la posizione del pozzo del quale parlavo più sopra e ho anche indicato il cippo corrispondente allo scarico dell’acquedotto, che dagli studi di Lorenzo Quilici del 1968 e quelli di Nicolazzo del 1996 viene posizionato nella sughereta – ogni acquedotto romano aveva uno o più punti di scarico, necessari per controllare la velocità dell’acqua e la portata del condotto in cui questa scorre a pelo libero – e dal quale, peraltro, è prelevata l’acqua che alimenta sia i due laghetti superiori che il lago grande vicino all’ingresso di Via di Ponte Salario. Va anche detto, per completezza, che esiste una seconda ipotesi, che posiziona lo scarico in un altro punto, in corrispondenza di quello di massima depressione della villa, punto che ho indicato sempre nella stessa immagine. La differenza di posizionamento potrebbe comunque essere spiegata con l’esistenza di uno scarico antico, risalente alla costruzione dell’acquedotto, e uno moderno, realizzato durante i restauri che si sono succeduti nel tempo.
È anche interessante ricordare che le falde sotterranee presenti a Villa Ada costituiscono probabilmente una delle principali fonti di alimentazione dell’acquedotto, che vanno a incrementare in modo significativo la portata derivante dalle sorgenti di Salone. Potremmo insomma dire che molte delle fontane storiche di Roma sono alimentate dall’acqua che ci regala Villa Ada.
Ritornando ai cippi e alla loro posizione, nell’immagine che segue trovate le loro foto e le relative coordinate. Nell’immagine sono inclusi anche i due tombini di controllo e i cippi, posti rispettivamente dagli Imperatori Claudio e Tiberio, mentre manca quello per il quale nutro ancora qualche dubbio.
I cippi e le relative coordinate
Nell’immagine seguente, poi, vedete gli stagni alimentati dalla presa d’acqua dell’acquedotto. Tenete presente che le foto sono state fatte prima dei già citati lavori di sistemazione dell’area, per cui oggi gli stessi stagni potrebbero presentarsi in modo leggermente diverso.
Gli stagni alimentati dall’Acquedotto Vergine
Per chi poi volesse qualche testimonianza video, rimando al mio canale YouTube, dove trovate molti video relativi all’acquedotto, tenendo comunque presente questi sono stati registrati in momenti diversi e alcuni, nel parlato, risentono delle scoperte successive, motivo per cui ci potrebbero essere alcune imprecisioni, soprattutto per quanto riguarda i cippi e la loro posizione.
Concludo dicendovi che, dopo il ritrovamento dell’ultimo cippo, collocato sul Colle delle Cavalle Madri e che risulta eradicato dal terreno e coricato su un fianco a causa della caduta di un albero, cippo che peraltro cercavo da mesi, convinto che fosse proprio lì in virtù dello schema regolare seguito dagli altri cippi, la mia ricerca può dirsi conclusa, ovviamente a meno di inaspettati e casuali ritrovamenti.
L’ultimo cippo ACEA trovato, indicato nella mappa come “Cippo dell'acquedotto vergine – 13”













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