martedì 8 luglio 2025

La Piramide (quasi) scomparsa

Tra il 1785 e il 1789, il principe Luigi Pallavicini acquistò le vigne di Monsignor Saliceti, di Michele Capocaccia e di Domenico Calzamiglia, dando di fatto vita all’embrione di quella che, nel tempo, sarebbe diventata Villa Ada Savoia, così come ho raccontato con maggior dettagli nel post sulla storia della villa.

Per i lavori di sistemazione, il principe chiamo l’architetto francese Auguste Chevalle de Saint Hubert, che già operava a Roma, dove si era trasferito dopo aver vinto il “Prix de Rome”, con l’idea di creare un parco ispirato ai criteri formali e geometrici in voga in quei tempi, tipici appunto dei cosiddetti giardini all’italiana, al quale poi affiancò Francesco Bettini, curatore di giardini autodidatta.

I due si trovarono quasi subito in forte rivalità, con Bettini che criticava l’opera del francese, grandiosa nell’impostazione, ma con scarsa attenzione e conoscenza degli aspetti botanici, tanto che, a detta di Bettini, tutte le piante volute da Hubert erano morte in poco tempo.

Con l’architetto francese, dopo poco, sorsero dei contrasti, sembra peraltro per futili motivi, tanto che il principe lo licenziò, sostituendolo con Francesco Bettini, creatore autodidatta di giardini, al quale fu anche affiancato l’architetto Carlo Puri Demarchis, già alle dipendenze del Principe Pallavicini.

Bettini, viste le sue competenze, si focalizzò principalmente sulla botanica, anche se si deve a lui la progettazione del Belvedere, presente ancora oggi, e probabilmente della piramide adiacente al Tempio di Flora, della quale oramai restano solo poche pietre, che consentono comunque di intuirne la forma originaria.

La Piramide, così come si presenta oggi

A tale proposito, interessanti informazioni sono contenute nella pregevole pubblicazione “Le inquietudini di un principe: Auguste Hubert, Francesco Bettini e Luigi Trezza nella Villa Pallavicini lungo la via Salaria”, a cura di Susanna Pasquali e pubblicata in “Architetti e ingegneri a confronto, III - L'immagine di Roma fra Gemente XIII e Pio VII”, che descrive la genesi della piramide e ciò che la ispirò.

I passi della pubblicazione che descrivono la genesi della piramide

Interessanti anche i disegni, sempre contenuti nella stessa pubblicazione che, benché non leggibili nelle scritte, ci danno comunque un’idea del progetto originale, ispirato da altre opere simili e dotata di un percorso sotterraneo e con una sorta di camera sepolcrale, quasi a ricordare le classiche piramide egizie.

I disegni estratti dalla pubblicazione

Da segnalare che l’interno della piramide è oggi precluso da possibili ispezioni, dato che i punti di ingresso, in origine disposti sui due lati contrapposti, sono stati chiusi, operazione probabilmente effettuata quando anche quella parte della villa fu aperta al pubblico.

I punti di accesso alla piramide, oggi murati

Tuttavia, se la struttura complessiva della piramide è di fatto chiara, grazie alla pubblicazione menzionata, non c’è invece certezza sulla genesi della sua costruzione, nel senso che, se la piramide vera e propria fu sicuramente realizzata ex-novo, l’edificio adiacente, che è ciò che resta della camera sepolcrale, il cui ingresso era alle spalle della parte che normalmente si ammira, potrebbe esser stato anch’esso realizzato ex-novo o, al contrario – e questa è l’ipotesi che a me sembra più probabile – fu una sorta di adattamento di un edificio preesistente, censito nel Catasto Gregoriano del 1816 come “casa di delizia” di proprietà di Luigi Pallavicini, il quale, non avendone bisogno, decise di sfruttarlo per realizzare la piramide in questione, senza che poi il catasto recepisse tale modifica. La preesistenza di questo edificio potrebbe risalire a prima dell’acquisto delle vigne da parte del Pallavicini o, più probabilmente, essere stata realizzata dall’Hubert – della costruzione di due nuove case di delizia c’è traccia sempre nella citata pubblicazione – e poi, dopo il suo licenziamento, trasformato dal Bettini.

Catasto Gregoriano – Pianta e brogliardo

Purtroppo, in tempi recenti, la zona nella quale si trova, sembra attrarre i Writer – che direi di chiamare molto più semplicemente imbrattatori o vandali – con episodi ahimè ricorrenti, l'ultimo dei quali ad aprile 2021, come descritto in questo articolo di Roma h24.

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