Elena del Montenegro, moglie di Vittorio Emanuele III, essendo nata in un piccolo stato, principalmente dedito alla pastorizia, era piuttosto lontana dallo spirito di una famiglia reale, preferendole la vita all’aria aperta e la dedizione verso i più bisognosi.
All’interno di Villa Ada – o meglio, di Villa Savoia, nome che la villa
aveva al tempo –che la famiglia reale elesse nel 1919 a residenza ufficiale, la
Regina Elena svolse diverse attività a favore di soggetti deboli o
in condizioni momentanee di difficoltà, come ad esempio la cura dei soldati
inglesi feriti nel primo conflitto mondiale che, ricoverati nell’ospedale
voluto da Elena all’interno del Quirinale, venivano poi trasferiti a Villa
Savoia per la convalescenza, tanto che all’interno del cosiddetto edificio
rustico – o Gassometro, per il ruolo che aveva al tempo di Vittorio
Emanuele II – c’è ancora una vasca da bagno della Croce Rossa inglese.
Tra queste attività di aiuto ai più deboli, va sicuramente anche menzionata
quella che vedeva la villa come luogo di preparazione dei pasti per i bisognosi,
alcuni dei quali potevano consumare i pasti direttamente nella villa, mentre ad
altri – la maggioranza, a quel che mi risulta – il cibo veniva consegnato per
essere consumato altrove, come si può vedere dai documenti ritrovati nel Fondo della Real Casa, inventario 02/008, busta 337 - Casa del Principe di
Piemonte e cucina beneficenza della Regina, custodito presso l’Archivio
Centrale di Stato.
Documenti
del Fondo della Real Casa
In totale si aiutavano circa 450 persone, con un collaborazione tra lo
Stato, che provvedeva all’acquisto degli ingredienti, e la Casa Reale, che si
faceva carico della preparazione.

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