La pianta del suburbio del
1839
Nella sezione digitale
dell’Archivio Storico Capitolino ho trovato molte piante e mappe
interessanti, tra le quali la “Carta topografica del suburbano di Roma
desunta dalle mappe del nuovo censimento e trigonometricamente delineata nella
proporzione di 1:15000 per ordine dell'e.mo e r.mo principe sig. cardinale Gio.
Francesco Falzacappa presidente del censo nell'anno 1839”, che consente di
apprezzare come appariva al tempo quella che oggi è Villa Ada e che, nella prima metà dell'Ottocento e con
sola eccezione di Villa Potenziani – Ludovico Potenziani nel 1835 aveva
comprato le proprietà di Luigi Pallavicini, al quale si deve il merito di aver
creato l’embrione di quella che poi diventerà Villa Ada – ancora non aveva un
nome, dato che sostanzialmente era composta da vigne e terreni appartenenti a
famiglie differenti.
I Potenziani, più
che altro per continuità con le loro attività abituali, non introdussero
particolari novità nella villa, che fu da loro utilizzata essenzialmente per
attività agricolo-produttive, per cui la conformazione del nucleo della villa
si presentava, al tempo, esattamente come lo aveva voluto Luigi Pallavicini,
che durante il periodo in cui la possedette, dal 1775 al 1835, aveva avviato
importanti lavori, come come
ho raccontato con maggiori dettagli nel post sulla storia della villa.
Alla data alla quale risale la pianta, pertanto, compaiono gli edifici voluti da Luigi Pallavicini, come il Tempio di Flora, opera di Auguste Cheval de Saint-Hubert, e il Belvedere, realizzato da Francesco Bettini, edifici che ho evidenziato in giallo, ma che risultano comunque piuttosto chiaramente nella pianta.
Erano poi presenti
altri degli edifici, anch’essi evidenziati in giallo e con funzioni differenti
da quelle che poi definirà Vittorio Emanuele II
quando nel 1872 acquisterà la proprietà dei Potenziani: (1) il Casale
della Finanziera; (2) il Fienile, oggi parte del Circolo Ippico
Cascianese; (3) il Casale
delle Cavalle Madri; (4) il Casale dei Trenatori, che poi diventerà
parte delle Scuderie Reali. Questi edifici non avevamo ovviamente i nomi che
gli attribuiamo oggi, essendo sostanzialmente delle “Case a uso della vigna”
o “Case di delizia”, come riportato dal Catasto Gregoriano del 1816.
Ho poi evidenziato
in colore marrone le due principali strade – o meglio vicoli, viste le
dimensioni – che attraversavano l’area e che oggi sono in parte ancora
presenti: (1) il Vicolo del Canneto, che oggi parte da Viale Romani e
termina sul Casale Renzi, oggi una foresteria dell’Arma dei Carabinieri, ma che
in passato si inoltrava nella villa seguendo in parte quello che oggi il
percorso dell’ampio viale che dal lago grande porta verso la parte alta della
villa; (2) il Vicolo della Noce, che partiva da Via Salaria e arrivava
sino al fienile, dove oggi c’è il maneggio, un percorso che di fatto è oggi del
tutto rintracciabile, con solo qualche piccola variazione nel tratto iniziale,
probabilmente dovuto alla costruzione della Palazzina
Reale, ma che in realtà – nella pianta del 1839 stranamente non è tracciato
– aveva un secondo tratto, che traversava la zona dove oggi c’è il lago grande,
per poi congiungersi alla Via Salaria, come evidenziato nella pianta del Catasto Gregoriano del
1816 che vedete qui sotto, nella quale, sempre in marrone, ho
evidenziato il secondo tratto e la parte finale del primo, giusto per avere un riferimento.
La pianta del Catasto Gregoriano
Interessante anche
la presenza di un fiumiciattolo, evidenziato in azzurro, la cui fonte era
nell’area che oggi ospita il laghetto superiore e più precisamente dove ci sono
alcune altalene, e poi percorreva la vallata tra il Colle della Finanziera e
quello delle Cavalle Madri, traversando quella che oggi conosciamo come
sughereta, per poi confluire nell’Aniene, non lontano da Ponte Salario.
Per quanto
riguarda l’estensione dell’area, la differenza che più salta all’occhio,
tuttavia, è l’ampia Tenuta di Ponte Salario, che racchiudeva al tempo quelli
che oggi conosciamo, rispettivamente, come Monte Antenne e Prato della Signora.
L’acquisto della Tenuta di Ponte Salario rientrò nella vasta campagna di acquisizioni
che fece Vittorio
Emanuele II, che oltre a importanti lavori, come ad esempio la
realizzazione dell’oramai scomparso Lago Ottocentesco
e della Palazzina
Reale, acquistò altre proprietà, come quelle dei Filonardi, dei Gualdi
Sabatini, dei Massimo, dei Villeggi e dei Jannoni, fino a far raggiungere alla
villa l’estensione attuale, di circa 160 ettari.
Infine, per
consentire di apprezza al meglio i confini della villa, così come li conosciamo
oggi, ho evidenziato in verde la Via Salaria e la Via di San Filippo – oggi Via
di San Filippo Martire – mentre, sempre in verde ma con tratteggio, quello che
oggi è il tracciato di Via Panama, al tempo non presente, dato che i terreni e le
vigne si sviluppavano senza soluzione di continuità verso il centro di Roma,
separate solo da servitù di passaggio e piccoli vialetti.


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