venerdì 1 agosto 2025

Ipotesi sull’origine del nome “Prato della Signora”

Siamo fuori da villa Ada, ovviamente, ma non troppo e la questione è nata grazie a un commento di Manuel, un amico del blog e che ringrazio, circa l’origine del nome e l’epoca della ben conosciuta area del Prato della Signora, costruita agli inizi degli anni Settanta su disegno del celebre architetto Enrico del Debbio.

La curiosità di Manuel – e forse anche la sorpresa – alla quale è seguita anche la mia, è nata da una pianta del 1839, pubblicata in un post nel quale parlavo di come si presentasse nell’Ottocento l’area dove oggi sorge Villa Ada, dove è già presente il toponimo “Prato della Signora”, come potete vedere nell’immagine qui sotto, estratta dalla pianta in questione, toponimo che sinceramente pensavo fosse molto più recente, di fatto coevo di quando fu costruita la zona residenziale.

La pianta del 1839

Incuriosito, sono andato a vedere anche nel Catasto Gregoriano del 1816 e ho scoperto che anche nel brogliardo associato, che di fatto è un documento ufficiale, sicuramente più di quanto lo sia una pianta redatta per scopi illustrativi, il toponimo era già usato e associato alla Tenuta di Ponte Salaro, come potete vedere nell’immagine che segue. La tenuta, peraltro, aveva al tempo uno sviluppo significativo, includendo quello che oggi è Monte Antenne, ma andando anche oltre, tenuta che sarà poi acquistata da Vittorio Emanuele II per renderla parte della villa.

Il brogliardo del Catasto Gregoriano

Avendo più o meno chiarito che il toponimo aveva origini antiche, restava da capire il perché del riferimento alla “signora e, in prima battuta, le mie ricerche non hanno portato praticamente a nulla, fino a quando Lorenzo Grassi, amico e compagno di avventure in quel di Villa Ada, mi ha evidenziato un interessante indizio, che peraltro avevo sott’occhio anch’io ma non l’avevo notato, relativo a una pianta redatta in occasione dell’esproprio di alcune aree della villa in previsione della costruzione di Forte Antenne, tema che peraltro avevo già affrontato e analizzato.

Questa pianta, conservata presso l’Archivio Storico Capitolino nella sezione “Piano Regolatore - Posizione 31 - Busta 356 - Fascicolo 4”, seppur non precisissima relativamente alla corretta definizione di forme e confini, contiene interessanti informazioni sulle proprietà coinvolte nell’esproprio e su alcuni elementi, non presenti nelle altre piante a mia disposizione, tra i quali quello alla base dell’ipotesi nel titolo del post.

La pianta relativa ai lavori per la costruzione del forte

Come potete vedere nell’immagine qui sopra, che altro non è che un estratto della pianta in questione, la zona dove oggi sorge il Prato della Signora è etichettata, in modo non esattamente elegante, come “Prato Puttano – Terreno argilloso” e, per rendere più evidente la corrispondenza, nella seconda immagine ho sovrapposto alla stessa pianta l’immagine odierna della zona presa da Google Earth, tenendo presente che la sovrapposizione non è precisissima proprio per l’approssimazione della pianta e l’unico elemento chiaro per la corrispondenza è Ponte Salario, del quale oggi restano ancora alcune arcate al di sotto del ponte moderno.

Sovrapposizione della pianta con l’immagine presa da Google Earth

Ora, prendendo per buono che quel termine si riferisca proprio a quello che abitualmente si identifica come “il mestiere più antico del mondo”, l’ipotesi è che, per evidenti ragioni di opportunità linguistica, la stessa zona sia stata successivamente, ma anche in altre piante di epoche simili, più elegantemente chiamata “Prato della Signora”, dove il termine “signora” altro non è che un riferimento garbato a chi dispensasse quel tipo di attività.

Per quanto riguarda invece le motivazioni che al tempo spinsero a dare il nome a quell’area, va ricordato che, poco prima della zona in questione e provenendo da fuori Roma, c’era la Torre Salaria, tutt’ora presente, dove alloggiavano i cosiddetti “fiscali” – da cui il nome della zona che oggi conosciamo come “Prati fiscali” – che avevano il compito di esigere, da chi entrasse nella città, il dazio sulle merci trasportate, come evidenziato nell’immagine qui sotto, una bellissima foto d’epoca presa dal gruppo Memorie di Roma, nella quale, in rosso, ho indicato i diversi elementi.

Una foto d’epoca dove un “fiscale” effettua il controllo sulla merce

L’ipotesi della scelta del nome, quindi, potrebbe essere suffragata dal fatto che, sapendo dell’attesa per questo tipo di verifiche, le signore avessero ben pensato di farsi trovare in zona, così che i conduttori dei carri, in attesa del loro turno, potessero, per così dire, svagarsi e far passare il tempo intrattenendosi con loro.

Ripeto, è solo un’ipotesi, fondata su una serie di “potrebbe” e “forse” che la rendono ben lontana da una parvenza di certezza e, come alcuni amici della pagina hanno suggerito, il nome potrebbe invece indicare una caratteristica del terreno, un terreno infido, poco adatto a costruire o che richiede molto lavoro per ottenere poco in cambio; un terreno “puttano”, insomma. 

AGGIORNAMENTO al 7 agosto 2025: da una lettura approfondita del prezioso volume “La campagna romana antica, medioevale e moderna. Vol. 6: Vie Nomentana e Salaria, Portuense, Tiburtina” di Giuseppe Tomassetti ed edito da Olschki, ho trovato il passo che vedete evidenziato nell’immagine qui sotto, che introduce una nuova ipotesi – forse la più ragionevole di tutte – secondo la quale il nome potrebbe derivare da una proprietà della Signora Costanza De Cupis, che nel 600 aveva appunto un prato nella zona dove oggi sorge l’omonimo quartiere. Il nome potrebbe essersi tramandato anche perché, al tempo, non era frequente che una donna possedesse proprietà di una certa rilevanza.

Estratto dal libro di Tomassetti

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