venerdì 1 agosto 2025

La mappa 153 e gli interventi di Vittorio Emanuele III dopo l’acquisto della villa

Nel mio saltuario peregrinare nelle sale dell’Archivio Centrale dello Stato alla ricerca di documenti interessanti contenuti nel Fondo della Real Casa – Patrimonio Privato, purtroppo ancora non catalogato, se non in piccolissima parte, ho scovato una pianta di dimensioni ragguardevoli, simile, se non più grande, a un formato A1, in condizioni non proprio eccellenti e che sembra ricavata dal Catasto Gregoriano del 1816 – una pianta che riporta solamente le particelle catastali di edifici e terreni – sulla quale sono state fatte moltissime annotazioni, che dovrebbero rappresentare un misto tra ciò che era presente al momento in cui Vittorio Emanuele III, nel 1904, acquistò la villa dalla Banca Romana e gli interventi successivi fatti dai Savoia, per adeguare la villa alle proprie esigenze.

La pianta 153

La pianta in questione, che vedete qui sopra – cliccateci sopra per vederla alla piena risoluzione, così da poterne vedere i dettagli – e che riporta, sul lato sinistro, la dicitura “Proprietà della spettabile Banca Romana”, è una fonte interessante di informazioni, utili a gettare una luce, seppur parziale, su come la villa si trasformò nel suo ultimo periodo, prima che diventasse un parco pubblico.

Premettendo che non ho condotto una sua analisi completa, sia per la sua condizione non buona, che per la difficoltà nell’interpretare alcune delle scritte, provo comunque a riportare gli elementi più interessanti o, quantomeno, quelli che mi hanno colpito:

(1) la situazione degli edifici al tempo e quella che oggi conosciamo, con un confronto che ho riportato usando diversi colori: (A) rosso per gli edifici che oggi non ci sono più o dei quali rimangono solo tracce nel sottosuolo, nella forma degli ambienti interrati, come ad esempio le cantine, che in molti casi sono tutt’ora presenti, anche se pericolosi e di difficile accesso; (B) arancione, per gli edifici dei quali oggi sono rimaste tracce ben visibili o che sono stati modificati successivamente al disegno della pianta, come ad esempio Villa Polissena, nella pianta indicata come “Sacra Famiglia”, ma che poi fu ampliata dopo che Vittorio Emanuele III la donò come regalo di nozze alla figlia Mafalda; (C) verde, per quelli edifici che sono giunti sino a noi, nella loro interezza e struttura originaria;

(2) le diverse annotazioni, che consentono una migliore comprensione delle diverse zone della villa e che ho, sia sottolineate in verde che riportate poi in modo più leggibile. Tra queste, spicca l’indicazione della presenza di un vigneto – o meglio, la volontà di realizzarlo – e quella di un fontanile, oggi scomparso, che stava in corrispondenza del Belvedere realizzato da Enrico Bettini ai tempi in cui la villa apparteneva a Luigi Pallavicini, come ho raccontato con maggiori dettagli nel post sulla storia della villa;

(3) i sentieri, probabilmente in parte già presenti, realizzati da Vittorio Emanuele II prima che la villa fosse venduta a Giuseppe Telfener, e in parte nuovi, che nella pianta sono tracciati a matita e che io ho evidenziato in verde scuro;

(4) il Casale della Finanziera, che al tempo risultava decisamente isolato dal resto della villa, tanto da essere raggiunto da un solo sentiero a partire dalla Via Salaria, non connesso con tutti gli altri, a conferma dell’ipotesi che il casale fosse un edificio di servizio, forse usato dal corpo di guardia, e il cui nome probabilmente prende spunto dalla presenza, nell’Ottocento, di un punto di controllo delle cosiddette “guardie fiscali”, che alloggiavano nella Torre Salaria e il cui compito era quello di esigere il dazio per le merci che entravano a Roma;

(5) il cosiddetto “gasometro”, che al tempo dei Savoia conteneva, nei tre ambienti separati visibili sulla pianta, tutto ciò che serviva a dare energia alla villa, edificio che ha avuto una sorte ancora non chiara, dato che i tre ambienti non sono più presenti, ma sono ancori presenti i resti di un edificio, spesso chiamato “edificio rustico”, in contrasto con quanto riportato nell’aggiornamento del 1903 del Catasto Rustico;

(6) alcune aree, evidenziate in marrone scuro, interessanti per la loro destinazione: (A) la prima, chiamata spesso “Area Tanlongo” per il fatto che era di proprietà di Pietro Tanlongo, figlio di Bernardo, Governatore della Banca Romana e travolto dal ben noto scandalo, area che fu poi scorporata dalla villa per realizzarci un’area residenziale, che oggi si sviluppa tra Via Ettore Petrolini, Via Giacinta Pezza e Via Anna Magnani; (B) la seconda, ancora parte della villa, ma che sul finire dell’800 fu espropriata dal Demanio per la realizzazione di Forte Antenne, confisca apparentemente errata, almeno a dire dalla scritta riportata sulla pianta, che cita “Area che deve retrocedere alla Banca Romana dal Demanio per errata voltura di esproprio”;

(7) la presenza di un’ampia grotta – curioso il fatto che siano menzionate in una pianta catastale – sul versante del Colle delle Cavalle Madri, che fu peraltro usata dai Savoia come magazzino per oggetti vari, come ho testimoniato con questo mio video;

(8) il Vicolo della Noce, una strada che esisteva ben prima della nascita della villa e che, cominciando e terminando sulla Via Salaria, permetteva di raggiungere tutte le vigne che al tempo esistevano. Questo vicolo, come si può vedere nella pianta e come anche confermato da altre della stessa epoca o precedenti, aveva un’interruzione tra la sommità del Colle delle Cavalle Madri e la sua base, per poi riprendere e terminare sulla Via Salaria, più o meno dove oggi c’è il distributore della ENI. Tale interruzione, peraltro, fu uno degli argomenti evidenziati dai periti incaricati da Vittorio Emanuele II per gestire una controversia nata con il Conte Giovanni Campbell Smith de Heritz.

Nella pianta non sono invece presenti le Serre Reali, ma solo perché, come già detto, la base della pianta è il Catasto Gregoriano – le serre sono invece presenti nel Catasto Rustico – precedente alla loro realizzazione, serre volute da Vittorio Emanuele II e probabilmente ulteriormente modificate da Vittorio Emanuele III, che le usò anche come luogo di produzione di frutta e verdura, in parte poi donata ai bisognosi.

Insomma, una pianta un po’ disordinata e in non buone condizioni, ma che consente comunque di avere ulteriori informazioni su come la villa si sia trasformata ed evoluta nel corso degli anni.

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