venerdì 1 agosto 2025

I rischi di lottizzazione per Villa Ada

La villa, come raccontato in dettaglio nel post sulla sua storia, ha avuto un passato ricco di cambiamenti ed episodi a volte travagliati, che si sono succeduti in un periodo che va dall’acquisto di Luigi Pallavicini, tra il 1785 e il 1789, delle vigne di Monsignor Saliceti, di Michele Capocaccia e di Domenico Calzamiglia, tra loro contigue e situate lungo Via Salaria, a partire dall’incrocio con quella che oggi è Via Panama, fino al 1943, quando Vittorio Emanuele III, che nel 1904 aveva acquistato la villa dalla Banca Romana, lascio precipitosamente Villa Savoia il giorno successivo all’armistizio di Cassibile.

Fu proprio durante il periodo nel quale la villa fu di proprietà di Giuseppe Telfener prima e di Eveline Visera poi – i Savoia si ristabilirono nella villa a maggio del 1903, ma ne perfezionarono l’acquisto solo nel 1904 – che la villa rischiò seriamente di essere stravolta da un progetto di lottizzazione, ben evidenziato dalla pianta allegata al piano regolatore del 1883 che vedete qui sotto e dove ho evidenziato in verde i confini che allora aveva la villa.

La pianta del piano regolatore del 1883

Come si può vedere, il progetto prevedeva un collegamento tra il Nuovo Gran Parco Margherita, una sorta di ampliamento del quartiere dei Parioli, e il quartiere Trieste, che nella pianta si ferma ancora poco dopo Viale della Regina Margherita, ma che sarà poi ampliato, a partire dalla costruzione, a partire dal 1925, del quartiere Verbano che sarà poi integrato nel quartiere Trieste.

Benché l’impatto sulla villa fosse tutto sommato ridotto, con solamente due strade di collegamento verso i diversi quartieri, quanto previsto dal piano regolatore avrebbe comunque creato un pericoloso precedente per futuri interventi che avrebbero potuto incidere sull’assetto della villa.

Riguardo a tale progetto, molto probabilmente la vendita della villa da parte di Eveline Visera alla Banca Romana, fu fatto proprio in previsione della lottizzazione.

Fortunatamente, vuoi per il fatto che i Savoia si ristabilirono nella villa che per lo scandalo che travolse la Banca Romana tra il 1892 e il 1894, quanto previsto dal piano regolatore del 1883, almeno per la quota parte che avrebbe interessato la villa, non ebbe seguito, tant’è che nella pianta del successivo piano regolatore del 1909, voluto dal sindaco Ernesto Nathan e redatto da Edmondo Sanjust di Teulada, la villa appare nuovamente nella sua conformazione attuale, con la sola eccezione della parte che al tempo si estendeva nell’area, oggi edificata, tra Via Ettore Petrolini, Via Giacinta Pezzana e parte di Via Anna Magnani, area che fu ceduta dai Savoia al Comune per un progetto di edilizia abitativa, come ho raccontato in questo post.

La pianta del piano regolatore del 1909

Anche nella variante del 1926 del piano regolatore del 1909, variante probabilmente mai approvata, la cui pianta vedete nell’immagine seguente, la villa appare scevra da strade e altri interventi.

La pianta della variante del 1926

I rischi di lottizzazione, tuttavia, non terminarono con l’acquisto del 1904 da parte dei Savoia, ma anche in tempi più recenti, successivi all’8 settembre 1943, quando Vittorio Emanuele III lasciò precipitosamente la villa.

La neo Assemblea Costituente stabiliva infatti che, con decorrenza dal 1 gennaio 1948 – data di entrata in vigore della Costituzione Italiana - e con effetto retroattivo al 2 giugno 1946, tutti i beni del re sarebbero stati confiscati dallo Stato Italiano ma, come ho raccontato nel dettaglio in questo post, Vittorio Emanuele III morì il 28 dicembre del 1947, quindi tre giorni prima dell’entrata in vigore della Costituzione Italiana, per cui la sua eredità fu distribuita tra tutti i suoi eredi e, quando la Costituzione diventò effettiva, fu possibile per lo Stato espropriare solo i beni di Umberto II, unico figlio maschio di Vittorio Emanuele III e che quindi, anche se per pochi giorni, aveva eredito il titolo di re.

Furono proprio le eredi di Vittorio Emanuele III che si lanciarono in un nuovo progetto speculativo, facendo redigere un progetto di lottizzazione per la creazione di edifici di pregio, cosa possibile dato che il piano regolatore vigente, quello del 1931, prevedeva  per i cosiddetti parchi privati, come lo era la villa, una possibilità di edificazione pari a 1/20 dell’area complessiva, che per Villa Ada, con una estensione di circa 160 ettari, erano pari a circa 8 ettari.

Fortunatamente, nel 1951 ci fu una nuova variante al piano regolatore e, finalmente, nel 1954 il vincolo fu trasformato da parco privato a parco pubblico, sancendo di fatto la sua inviolabilità e l’impossibilità di qualsiasi intervento speculativo o edilizio.

Gli eventi successivi sono probabilmente più noti, con un primo accordo con gli eredi Savoia che consenti allo Stato, nel 1957, di acquisire 64 ettari della villa, che includevano Monte Antenne e la parte adiacente a Via Salaria, area che nel 1958 fu trasferita dallo Stato al Comune di Roma e poco dopo aperta al pubblico.

La storia, tuttavia, non era ancora destinata a finire, dato che nel 1987 le eredi Savoia vendettero la parte a loro rimasta alla società “Villa Ada 87” del costruttore Renato Bocchi, forse proprio in previsione di qualche azione a livello politico, volta a rimuove o modificare il vincolo e, quindi, a rendere possibile un nuovo tentativo di lottizzazione, anche se tutto questo, fortunatamente, non ebbe seguito.

Sulla positiva risoluzione di quest’ultimo tentativo, giocarono un ruolo fondamentale alcuni giornalisti, come Antonio Cederna, dl quale qui sotto vedete un suo articolo in merito, e Gianni Grassi, ma anche alcuni associazioni, tra le quali Amici di Villa Ada, Italia Nostra, WWF e Legambiente, tanto che nel 1996 e anche grazie a nuove leggi e vincoli – legge 396 del 1990 e vincolo di intrasformabilità del 1995 – lo Stato acquistò da Renato Bocchi i rimanenti 74 ettari della villa, lasciando agli eredi Savoia solo 3,5 ettari, che ancora oggi sono privati e non accessibili, come ad esempio il Casino Pallavicini, il Casale Tribuna I e Villa Polissena.

Articolo di Antonio Cederna - 1989

L’unica nota stonata, se così si può dire, fu il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato e del Comune, che consentì alla Repubblica d’Egitto, nel 1997, di acquistare la Palazzina Reale per circa 25 miliardi di lire, che quindi, contrariamente a quanto alcuni pensino, è una proprietà privata e non un bene in concessione.

Nessun commento:

Posta un commento

Nel fare i tuoi commenti, ricordati sempre di essere educato e la regola che dice di criticare le idee e non le persone.