lunedì 25 agosto 2025

I resti di un basamento sul Colle del Roccolo

Sul Colle del Roccolo, a circa 250 metri dalla ben nota Torretta del Roccolo, c’è quello che sembra essere un basamento, del quale vedete un collage di foto qui sotto, sul quale in passato era probabilmente posizionato altro, come ad esempio un elemento decorativo.

Collage di foto del basamento

L’ipotesi che il basamento sia invece ciò che rimane di una colonna più alta, non sembra ragionevole, considerando che la superficie superiore appare perfettamente livellata, cosa che sarebbe difficilmente possibile nell’ipotesi di una colonna che poi, per qualche motivo, si sia rotta o spezzata.

Il basamento, le cui dimensioni le vedete sintetizzate nella foto che segue, ha una parte superiore perfettamente circolare, mentre la base, che al momento del ritrovamento era immersa nel terreno, ha una forma ottagonale, non regolare, probabilmente per alcune rotture avvenute nel passato.

Le misure del basamento

Come sempre faccio quando trovo qualcosa, la prima ricerca è stata quella di analizzare come l’area del ritrovamento si presentasse in tempi passati, usando come sempre la pianta del Catasto Gregoriano del 1816, sicuramente la fonte più precisa e strutturata per indagare l’assetto del terreno e delle relative proprietà. Nell’immagine che segue, ho pertanto sovrapposto la pianta del catasto con un’immagine presa da Google Earth, così da rendere più evidente la posizione del basamento in relazione ad altri elementi più noti della villa.

Sovrapposizione tra la pianta del Catasto Gregoriano e l’immagine di Google Earth

Dall’analisi della pianta, la prima cosa emersa è che il basamento non si trovasse – sto ovviamente facendo l’ipotesi che il basamento sia rimasto, nel corso del tempo, nella sua posizione originaria – in corrispondenza di un punto di confine tra diverse particelle catastali, cosa che porta a concludere che il suo ruolo non fosse quello di marcatore di confine, cosa peraltro confermata anche dall’esiguità della sua parte conficcata nel terreno, che nel caso di marcatori di confine è decisamente imponente, proprio per renderne di fatto impossibile un loro spostamento arbitrario.

Per quanto riguarda la proprietà della particella catastale all’interno della quale si trova il basamento, questa risulta intestata a tal Nicola Dall’Oglio, come si può vedere dall’estratto del brogliardo associato al catasto che vedete qui sotto.

Estratto dal brogliardo del Catasto Gregoriano

Messa da parte l’ipotesi del marcatore di confine, la mia attenzione è stata catturata dalla presenza, a circa 30 metri dal basamento, di un edificio oramai sparito e che nella pianta del catasto è indicato con la particella 107, edificio che come vedete dal brogliardo appena menzionato è classificato come “Casa per uso della vigna”, cosa piuttosto comune per tutti gli edifici che al tempo si trovavano nell’Agro Romano, un’area agricola, fatta di vigne e terreni, che circondava tutta Roma.

Questa vicinanza mi ha fatto ipotizzare che il basamento potesse essere una sorta di riferimento per l’edificio in questione, un po’ come oggi lo sono i numeri civici per gli edifici cittadini o le colonne che si trovano in corrispondenza dei viali di ingresso nei casali di campagna.

Serviva però qualche ulteriore conferma, o quantomeno un indizio che l’ipotesi potesse essere ragionevole, conferma che è venuta dalla Pianta del Suburbio di Roma del 1839, quindi un’epoca di fatto coincidente con quella del Catasto Gregoriano, nella quale sono tracciati, non solo gli edifici, ma anche le vie di accesso a essi e, nello specifico dell’edificio 107 e come si può vedere dall’immagine qui sotto, sembrerebbe che il basamento si trovasse in corrispondenza di una svolta di 90° della strada che, da quella che oggi è Via di San Filippo Martire, portava al tempo ai diversi edifici che erano presenti sul Colle del Roccolo, quasi a segnalare, appunto, il punto d’ingresso nell’edificio in questione.

Estratto dalla pianta del suburbio del 1839

Ovviamente, come sempre, siamo nel regno delle ipotesi e, anche se questa a me sembra tutto sommato ragionevole, non è affatto detto che non ce ne siano altre.

Va anche considerato che stiamo parlando di qualcosa che non ha un valore storico tale da far pensare che possa esistere documentazione al riguardo, per cui l’unica leva che abbiamo è quella di analizzare ciò che si ha è dare spazio all’immaginazione.

mercoledì 13 agosto 2025

La buca rettangolare sul Colle del Roccolo, vicino alla torretta

Non lontano dalla Torretta del Roccolo, a pochi metri dal sentiero che porta verso il varco nel muro dal quale poi si raggiunge Monte Antenne, c’è un buca di forma rettangolare, che vedete nel collage qui sotto, con il lato maggiore di circa un metro e mezzo e quello minore di circa un metro, della quale è estremamente difficile ipotizzarne epoca e funzione.

Collage di foto della buca

L’epoca e la funzione della buca sono di difficile comprensione, considerando che questa si trova in una zona dove, con la sola eccezione della Torretta del Roccolo, non ci sono mai stati edifici, così come confermato dal Catasto Gregoriano del 1816 che dal successivo Catasto Rustico.

Nell’immagine che segue, presa da Google Earth, per agevolare la corretta collocazione della buca, l’ho evidenziata insieme alla posizione della torretta e del varco nel muro, i due elementi più prossimi alla buca.

Immagine di Google Earth, con gli elementi evidenziati

L’unica ipotesi che mi sento di fare è che la buca fosse in qualche modo collegata all’uso del Colle del Roccolo come riserva di caccia, cosa voluta da Vittorio Emanuele II, appassionato cacciatore, tanto che si narra morì per una polmonite contratta durante una lunga attesa per catturare una lontra nella zona del Fontanaccio, zona dove oggi c’è il lago grande vicino all’ingresso di Via di Ponte Salario.

Ritengo meno probabile che potesse essere un pozzo, sia per la forma e le dimensioni, entrambe inusuali per un pozzo, ma anche perché, se da un lato è vero che Villa Ada è ricca di falde acquifere, che peraltro sono una delle fonti principali di alimentazione dell’Acquedotto Vergine, non risulta ce ne siano mai state in quella zona.

Va anche detto che per capirne di più sarebbe necessario rimuovere tutta la terra che nel tempo ha riempito la buca – non escludo di farlo in futuro – così da valutarne la profondità e capire come è fatto il suo fondo.

Concludo, dicendovi che la vasca è riportata sulla mia mappa della villa, alla voce “Buca quadrata sul Colle del Roccolo” e, volendo, anche visitabile virtualmente con questo video.

martedì 12 agosto 2025

La vasca ornamentale alla base del Colle del Roccolo, verso via Giacinta Pezzana

Alla base del Colle del Roccolo, in prossimità del muro che divide la villa da Via Giacinta Pezzana, muro peraltro recentemente ricostruito dopo il crollo del 2019, c’è una piccola vasca, quasi completamente nascosta dalla fitta vegetazione e probabilmente di natura ornamentale, la cui funzione, al tempo, non è facilmente desumibile.

La vasca, della quale qui sotto vedete un collage di foto, è piuttosto piccola e di forma concava, con un diametro interno di circa 1,6 metri e con una profondità centrale di circa 80 centimetri.

Collage di foto della vasca

La vasca è oggi in buona parte coperta da terra, anche se è possibile comunque apprezzarne la struttura, e appare a filo del terreno, anche se è possibile che, in tempi passati, questa fosse in realtà distaccata da esso e che sia poi stato il progressivo interramento a mostrarla come è oggi.

La vasca potrebbe esser stata in qualche modo connessa con i resti di un edificio che si trovano a meno di trenta metri da essa, un edificio censito nel Catasto Gregoriano del 1816 con la particella 108 e che, insieme ad altri, popolavano quella zona, come ho raccontato in questo post.

Nell’immagine che segue, per facilitarne la collocazione, ho evidenziato la vasca, l’edificio adiacente e altri due edifici – il Casale delle Cavalle Madri e il Fienile – sicuramente più noti, così che sia agevole capire l’area in questione e le distanze.

La posizione della vasca e di altri edifici

Concludo, dicendovi che la vasca è riportata sulla mia mappa della villa, alla voce “Vasca ornamentale” e, volendo, anche visitabile virtualmente con questo video.

lunedì 11 agosto 2025

Villa Elena

Come ho raccontato con maggiori dettagli nel post sulla storia della villa, il principe Luigi Pallavicini, tra il 1785 e il 1789, acquistò tre vigne che si affacciavano sulla Via Salaria – vigna Saliceti, vigna Capocaccia e vigna Calzamiglia – dando vita a quella che poi, col tempo, diventerà Villa Ada.

Tutte queste vigne, come era uso all’epoca, avevano ciascuna un cosiddetto casino nobile o casa di delizia – oggi lo chiameremmo casa di villeggiatura – un’abitazione più o meno elegante che era quella dove i proprietari alloggiavano quando erano in loco.

Il casino nobile della vigna di Monsignor Saliceti era quella che oggi conosciamo come Villa Elena, il bell’edificio che si affaccia su Via Salaria – qui sotto un collage di alcune foto – e che, dopo le vicissitudini legate all’eredità di Vittorio Emanuele III, è diventata una proprietà privata, separata del tutto da Villa Ada.

Collage di foto della villa

Il casino nobile è ovviamente censito nel Catasto Gregoriano del 1816, come potete vedere dall’immagine qui sotto, nella quale ho evidenziato i confini della proprietà di Luigi Pallavicini.

Pianta del Catasto Gregoriano

Essendo la redazione del Catasto Gregoriano successiva agli acquisti di Pallavicini, tutti gli edifici interni alla sua proprietà sono correttamente attribuiti a lui e, nello specifico, il casino nobile era classificato come “casa di villeggiatura”, come potete vedere dalla parte evidenziata nell’estratto dal brogliardo del catasto mostrata qui sotto.

Brogliardo del Catasto Gregoriano

Nel periodo in cui Villa Ada era di proprietà dei Savoia – due periodi distinti, dal 1872 al 1879 e dal 1903 fino all’acquisizione da parte dello Stato – Villa Elena fu usata come caserma dei Regi Carabinieri, ma anche come canile, presumibilmente per i cani a servizio del corpo di guardia.

Come vi dicevo all’inizio, Villa Elena è da tempo una proprietà privata, ben separata da Villa Ada, per cui la si può solo ammirare dall’esterno o, in alternativa, con Google Earth, dal quale ho preso l’immagine prospettica che vedete qui sotto.

Immagine di Google Earth

La sua collocazione nell’assetto moderno dell’area la potete invece vedere qui sotto, dove ho sovrapposto un’immagine di Google Earth a quella del Catasto Gregoriano già mostrata in precedenza.

Sovrapposizione tra l’immagine di Google Earth e la pianta del Catasto Gregoriano

La struttura della villa è decisamente importante, come si può vedere dalla visura fatta sul sito dell’Agenzia delle Entrate che vedete qui sotto, con 18 vani e una rendita catastale di poco meno di 11.000 euro.

Visura di Villa Elena

A novembre del 2023 Villa Elena fu messa in vendita, per la cifra di 6,5 milioni di euro, dai proprietari del tempo, che l’avevano a loro volta acquistata dai Calvi di Bergolo, famiglia nell’asse ereditario dei Savoia e, come risulta dalla stessa visura – per rispetto della privacy non ho incluso questa parte nell’immagine qui sopra – la vendita si è perfezionata a fine 2024 e il nuovo proprietario è ora una società con sede legale a Bergamo.

domenica 10 agosto 2025

Il Fienile, oggi sede del circolo ippico

Il fienile, che si trova sul Colle delle Cavalle Madri e oggi sede del 3c Cascianese Country Club, è uno degli edifici più imponenti di Villa Ada, per le sue dimensioni seconde solo alla Palazzina Reale, ma forse anche uno dei meno noti, sia perché interno al circolo ippico, ma anche perché, nonostante le sue dimensioni, si trova in una posizione leggermente defilata rispetto ai tanti sentieri che percorrono la villa.

Come potete vedere nel collage di foto qui sotto, la sua struttura è particolare e l’edificio sembra l’unione di due corpi distinti, con una parte tipica di un casino nobile o di delizia – terminologia tipica Ottocentesca con la quale si definivano quelle che oggi chiameremmo casa di villeggiatura – e l’altra che ricorda appunto quella di un fienile o di una stalla.

Collage di foto del fienile

La denominazione di fienile si deve attribuire a Vittorio Emanuele II, che usò l’edificio come ricovero delle cavalle gravide delle Scuderie del Quirinale – da cui peraltro il nome Colle delle Cavalle Madri e del relativo casale – funzione che, come dirò in seguito, cambierà nel tempo.

L’edificio è presente nel Catasto Gregoriano del 1816, come si può vedere dall’estratto della sua pianta che vedete qui sotto, cosa che conferma un’epoca di costruzione non successiva a inizio Ottocento.

Nella pianta che vedete, per agevolare la corretta collocazione dell’edificio, ho evidenziato anche il più noto Casale delle Cavalle Madri e, in rosso, due edifici oggi non più presenti, dato che al tempo furono demoliti da Vittorio Emanuele II, come ho raccontato in questo post.

Pianta del Catasto Gregoriano

Naturalmente, al tempo del Catasto Gregoriano, l’edificio non aveva la funzione di fienile, che come già detto gli sarà attribuita da Vittorio Emanuele II, tanto che nel brogliardo associato al catasto, questo risulta essere censito come “casa con corte per uso della vigna” e di proprietà di tale Luigi Bonatti, come si può vedere dall’immagine che segue, un estratto del brogliardo.

Estratto dal brogliardo del Catasto Gregoriano

Ritornando sulla questione dell’edificio, va notato come nelle diverse piante della villa, realizzate in epoche diverse, questo sia identificato in modi speso diversi.

Nella Pianta della Real Casa, che vedete qui sotto e fatta redigere da Vittorio Emanuele III quando si ristabilì nella villa nel 1903, per poi acquistarla formalmente l’anno successivo, il fienile e il vicino Casale delle Cavalle Madri, erano riportati semplicemente come edifici disponibili, con il casale riferito ulteriormente con il nome Paolotti, del quale però non so dirvi molto.

Estratto dalla Pianta della Real Casa

Questo uso diverso naturalmente non deve sorprendere, considerando che, come ho raccontato con maggiori dettagli nel post sulla storia della villa, Vittorio Emanuele III acquistò la villa dalla Banca Romana, che a sua volta l’aveva acquistata da Eveline Visera, suocera di Giuseppe Telfener, che nel 1879 l’aveva acquistata da Umberto I, una anno dopo la morte di Vittorio Emanuele II.

Da quanto sono riuscito a ricostruire – poco, a essere onesti – anche Vittorio Emanuele III probabilmente non destinò l’edificio a usi particolari, tanto che in una pianta successiva, probabilmente risalente agli anni Venti, tanto che in essa sono riportate le Casette dei Giochi che il re costruì per le sue figlie, i due edifici sono riportati come potete vedere qui sotto, con il Casale delle Cavalle Madri etichettato come “Granaio” e il fienile semplicemente come “Cavalle madri”.

Estratto dalla pianta con le casette dei giochi

Quello che non è chiaro, almeno a me, è se, dopo la vendita da parte di Vittorio Emanuele II a Giuseppe Telfener, l’edificio abbia continuato a ospitare cavalli o altri animali, considerando che, naturalmente, non essendo la villa più nella disponibilità dei Savoia, il ruolo del fienile come ricovero delle cavalle del Quirinale non ebbe più senso.

A parziale conferma di un uso diverso, nel Fondo della Real Casa, custodito presso l’Archivio Centrale di Stato, ho trovato un documento, un estratto del quale vedete qui sotto e risalente all’epoca nella quale Vittorio Emanuele III si era oramai ristabilito nella villa, peraltro eleggendola, nel 1919, a residenza ufficiale, che riporta un inventario delle cose custodite in quello che veniva chiamato “Deposito nel fabbricato detto delle Cavalle Madri”, cosa che sembra confermare come l’edificio fosse stato riconvertito a semplice luogo di custodia di materiale di arredamento.

Estratto dal documento relativo al materiale stoccato nell’edificio

È anche interessante ripercorrere, in tempi più recenti, la storia dell’edificio per quanto riguarda i suoi proprietari che si sono succeduti a partire dalla morte di Vittorio Emanuele III e delle conseguenti questioni legate alla sua eredità.

Da una visura fatta sul sito dell’Agenzia delle Entrate, l’edificio, successivamente alla morte di Vittorio Emanuele III, passò in proprietà alle figlie Giovanna, Jolanda e Maria e alle figlie di Mafalda, che era deceduta nel 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald, e di suo marito Filippo d’Assia-Kassel.

Successivamente, alla morte di Jolanda di Savoia, avvenuta nel 1986, ci fu un’ulteriore suddivisione della proprietà, che incluse alcuni membri della famiglia Calvi di Bergolo e dei Guarienti di Brenzone, inquanto il marito di Jolanda era Giorgio Calvi di Bergolo e una delle loro figlie, Vittoria Francesca, aveva sposato il conte Guglielmo Guarienti di Brenzone.

Nel 1987, poi, molti degli edifici di Villa Ada, incluso il fienile, furono venduti dagli eredi Savoia, alla società Villa Ada 87, vendita molto chiacchierata e che espose la villa a seri rischi di lottizzazione, che fortunatamente non si concretizzarono grazie ai decreti che portarono, nel 1996, a rendere parco pubblico anche quella parte della villa, dopo che nel 1958 ne era stata aperta al pubblico una prima parte.

Fu proprio nel 1996 che l’immobile, insieme ad altri, passò nella proprietà di Roma Capitale, che ne detiene tutt’ora il possesso e che ha stipulato una concessione dell’area, che oggi ospita il maneggio, al canone – veramente irrisorio, a mio avviso – di 3.163 euro all’anno e che è stata prorogata fino al 2054, come ha scoperto, non senza difficoltà, Carteinregola.

Concludo con un estratto della già citata visura, che vedete nell’immagine qui sotto e che consente di apprezzare l’ampiezza e la suddivisione dell’edificio, che complessivamente ha una superficie di poco superiore ai 500 metri quadrati.

Estratto dalla visura dell’edificio

mercoledì 6 agosto 2025

I resti di una possibile fontana vicino a Villa Elena

Nella zona compresa tra il Tempio di Flora e Villa Elena, in una posizione praticamente equidistante dai due, ci sono dei resti di quella che sembrerebbe esser stata una fontana dalla forma circolare, della quale oggi rimane veramente ben poco.

I resti, che vedete nella foto qui sotto, sono collocati nell’area che, al tempo in cui Luigi Pallavicini possedette quella parte della villa – stiamo parlando di un periodo che va dal 1785 al 1835 – era stata progettata e organizzata da Enrico Bettini secondo i canoni dei giardini all’inglese, che rispetto a quelli all’italiana, geometrici nelle forme, miravano a creare un’armonia con la zona circostante ed erano quindi realizzati con sentieri mossi, che davano l’idea di naturalezza.

I resti della possibile fontana

La fontana, quindi e nell’ipotesi che fosse tale, potrebbe esser stata realizzata nello stesso periodo, per abbellire e arricchire quell’area, della quale oggi si può solo intuirne la forma originale, che si trovava nell’intorno della fontana, la cui posizione precisa è nell’immagine che segue, nella quale ho anche evidenziato i due edifici già menzionati.

Posizione dei resti rispetto agli edifici circostanti

Purtroppo, sia per l’esiguità del manufatto che per la mancanza di documentazione relativa a quel periodo – l’archivio Pallavicini è un archivio privato, di non facile accesso – è difficile confermare o smentire l’ipotesi che quelli siano i resti di una fontana, per cui temo si debba rimanere con il dubbio.

Concludo, dicendovi che i resti sono riportati sulla mia mappa della villa, alla voce “Possibili resti di una fontana”.